Col suo intervento di ieri nella plenaria del Parlamento Europeo a Strasburgo, la presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen ha invitato l’Ue a prepararsi all’eventualità che la Russia tagli “completamente” le forniture di gas. “Dobbiamo prepararci per ulteriori problemi nelle forniture di gas, anche per un taglio completo da parte della Russia” ha detto la presidente ricordando che nel complesso sono 12 i Paesi membri oggi direttamente colpiti da una riduzione totale o parziale delle consegne di gas.
“È ovvio: Vladimir Putin continua ad usare l’energia come un’arma – ha ribadito la von der Leyen -. È per questo che la Commissione sta lavorando a un piano di emergenza: presenteremo questo piano e gli strumenti necessari entro la metà di luglio. Gli Stati membri hanno i rispettivi piani nazionali di emergenza già in vigore. Questo è positivo, ma servono un coordinamento europeo e azione comune. Dobbiamo assicurarci che, in caso di forti difficoltà, il gas fluisca verso i luoghi in cui serve maggiormente. Dobbiamo fornire solidarietà europea. E dobbiamo proteggere il mercato unico e le catene del valore dell’industria”.
Ha inoltre sottolineato che le scorte di gas naturale nell’Ue “una settimana fa erano al 55% e ora dovremmo essere al di sopra” di quella soglia e ha parlato della necessità di imporre un tetto al prezzo del petrolio russo auspicando “un approccio globale” e “un’alleanza di molti Paesi”.
Ha poi aggiunto che, all’occorrenza, si potrebbero attivare “meccanismi come un piano Sure” di prestiti per finanziare le spese necessarie ad affrontare la crisi energetica, proposta che comunque non farà parte del piano di emergenza che la Commissione presenterà entro metà luglio.
Continua intanto a far discutere la decisione del Parlamento europeo di dare il via libera alla “tassonomia verde” che classifica gas e nucleare come fonti di transizione green meritevoli di investimenti pubblici e privati. La questione divide profondamente la maggioranza. L’ultima votazione in plenaria ha fatto registrare 278 voti favorevoli al rigetto (e quindi alla bocciatura della tassonomia), 328 contrari e gli astenuti 33. Per bocciare l’atto delegato serviva la maggioranza assoluta, ossia 353 voti, ma il gruppo dei Socialisti e democratici (S&d) ha votato pressoché compatto contro la classificazione green. In Italia Pd e M5s sono contrari alla tassonomia, mentre Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia sono a favore.
Per quanto improbabile, esiste comunque un’ultima possibilità che la proposta della nuova tassonomia venga bocciata con un intervento del Consiglio entro la mezzanotte dell’11 luglio. Spagna, Austria, Lussemburgo e Danimarca sarebbero favorevoli alla bocciatura ma per il rigetto della proposta occorre l’opposizione del 72 % dei Paesi (20 su 27) che devono rappresentare almeno il 65% della popolazione dell’Unione, circa 290 milioni di persone. Diversamente, la tassonomia entrerà regolarmente in vigore il primo gennaio 2023.
Sono stati quindi vani gli appelli e le proteste portate avanti dagli ambientalisti (#notmytaxonomy, non è la mia tassonomia), fra cui una delegazione di circa 60 attivisti italiani che hanno manifestato a Strasburgo chiedendo agli europarlamentari di bocciare la proposta.
“L’Europarlamento – aveva dichiarato alla vigilia del voto Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente – deve rigettare la proposta della Commissione per evitare che centinaia di miliardi di euro vadano sprecati con il nucleare ed il gas fossile aggravando così la duplice crisi climatica ed energetica. Per fronteggiare l’emergenza climatica – che ci tocca sempre più da vicino come dimostrano le ondate di calore e la siccità che hanno colpito duramente la nostra penisola – queste ingenti risorse finanziarie vanno invece investite non solo in rinnovabili ed efficienza energetica, ma anche in tutte quelle infrastrutture ambientali necessarie a difendere i nostri territori dai sempre più preoccupanti impatti climatici che rischiano di mettere a repentaglio sempre più vite umane e in ginocchio molte attività economiche e minare la coesione sociale delle comunità in cui operano”.