«La bozza di Decreto del Presidente della Repubblica sul Regolamento per il riutilizzo delle acque reflue affinate, predisposta dal Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, introduce elementi ostativi all’uso da parte dei Consorzi di bonifica». A denunciarlo è Francesco Vincenzi, Presidente di ANBI (Associazione Nazionale Consorzi di gestione e tutela del territorio e acque irrigue) che invita il Ministro Pichetto Fratin ad avviare un’ulteriore fase di concertazione.
La bozza di Decreto prevede che l’acqua affinata per uso irriguo sia conferita dal gestore dell’impianto di depurazione ai Consorzi di bonifica senza oneri aggiuntivi, salvo costi ulteriori per trattamenti e investimenti necessari, imponendo ai Consorzi responsabilità di monitoraggio e gestione della qualità, in conformità con i parametri definiti nel permesso di riutilizzo.
ANBI sottolinea che la normativa potrebbe comportare un aggravio economico per i Consorzi di bonifica e gli agricoltori, con possibili scontri con i gestori degli impianti di trattamento e il Servizio Idrico Integrato. Uno dei nodi critici è il trasferimento delle acque affinate: la bozza stabilisce che queste siano conferite senza costi aggiuntivi, salvo ulteriori trattamenti richiesti per la loro idoneità all’uso irriguo, ma, evidenzia ancora ANBI, questo approccio contrasta con il Regolamento Europeo, che prevede che le acque siano adeguate già alla fine del processo di depurazione.
«È intollerabile che i costi della depurazione di un’acqua idonea a produrre cibo sano possano essere scaricati sui Consorzi di bonifica, che hanno come obiettivo solo i costi di gestione in pareggio», dichiara Massimo Gargano, Direttore Generale di ANBI.
I costi aggiuntivi rischiano di penalizzare il comparto agricolo, in particolare nelle aree già svantaggiate dal punto di vista idrico. ANBI teme che il peso finanziario porti a compromessi sulla qualità delle risorse idriche, mettendo a rischio la salute degli agroecosistemi e la competitività del settore.
Un altro tema di rilievo è l’impatto sugli apporti di nutrienti, come l’azoto, presenti nelle acque reflue. Ciò potrebbe gravare sulle aziende zootecniche, soprattutto in aree vulnerabili ai nitrati, che già devono rispettare normative stringenti.
La bozza di D.P.R. attribuisce un ruolo centrale ai Consorzi di bonifica nel sistema di riuso. Oltre alla distribuzione delle acque affinate, essi dovranno occuparsi del monitoraggio, predisponendo strumenti aggiuntivi come lagunaggi e aree umide per incrementare la qualità delle acque.
A ciò si aggiunge l’obbligo di trasmissione dei dati alle autorità regionali, la segnalazione di non conformità e il potenziale contenzioso sul posizionamento dei punti di campionamento. Inoltre, modifiche alla Direttiva Quadro Acque potrebbero attribuire al Servizio Idrico Integrato la competenza esclusiva sul riuso delle risorse idriche, creando ulteriori ambiguità tra produzione e distribuzione delle acque. ANBI chiede che il testo venga rivisto per garantire che le acque affinate siano già idonee all’uso irriguo prima della consegna, senza trasferire i costi extra sui Consorzi di bonifica. L’associazione sollecita anche un intervento dell’unione COPA-COGECA presso la Commissione Europea per una revisione della normativa.
«Il rischio – conclude Gargano – è che, a fronte di un aggravio finanziario, si finisca per ridurre le richieste qualitative della risorsa idrica, compromettendo settori delicati come quelli legati alla produzione di carni e latticini».