Lo scorso 3 dicembre il Comitato Permanente della Convenzione di Berna ha approvato il declassamento dello status di protezione del lupo (Canis lupus) da “rigorosamente protetto” a “protetto” (la modifica entrerà in vigore a partire dal 7 marzo 2025). La scelta ha spinto cinque associazioni – Green Impact ed Earth (Italia), One Voice (Francia), Lndc Animal Protection (Italia) e Great Lakes and Wetlands (Ungheria) -, a depositare un ricorso contro la decisione adottata dal Consiglio Ue lo scorso settembre, che ha aperto la strada al voto favorevole nella Convenzione di Berna. Le associazioni ritengono che il processo sia stato irregolare, con la Commissione europea che avrebbe forzato il voto senza rispettare i 60 giorni previsti per eventuali ricorsi, impedendo così una reale opposizione.
Denunciano inoltre che la proposta dell’Ue si basa su un rapporto commissionato a una società di consulenza, privo di una revisione scientifica indipendente (peer-review). Questo, sostengono, mina la credibilità della decisione, ignorando le evidenze scientifiche che non giustificano un abbassamento della protezione del lupo. Come spiega spiega la presidente di Green impatc, Gaia Angelini, la predominanza dell’Ue all’interno della Convenzione di Berna, che detiene 27 voti su 46, avrebbe poi permesso di imporre la decisione, nonostante le opposizioni di altre parti. La Bosnia, ad esempio, aveva richiesto un rinvio del voto di un anno per approfondire la discussione, ma tale richiesta è stata respinta. Se il ricorso delle cinque organizzazioni ambientaliste venisse accolto, la decisione sul declassamento del lupo e tutti gli atti collegati, inclusa la proposta dell’Ue, potrebbero essere annullati. Nel frattempo, 17 Stati membri della Convenzione – tra cui sia paesi Ue che non Ue – hanno tre mesi di tempo (fino a marzo 2025) per richiedere la revisione della decisione.
A partire dagli anni ’70 il lupo, considerato una specie chiave per l’equilibrio degli ecosistemi, è tornato a colonizzare numerosi territori europei grazie alle misure di protezione adottate negli ultimi decenni. Il suo ritorno ha alimentato tensioni, soprattutto nelle aree rurali, dove si registrano conflitti con le attività di allevamento. I sostenitori del declassamento ritengono che un minor livello di protezione consentirebbe una gestione più flessibile del lupo, riducendo i danni agli allevatori. Dall’altra parte, i contrari denunciano che la riduzione della protezione potrebbe mettere a rischio la conservazione della specie e creare un precedente pericoloso per altre specie protette. Per ora il futuro dello status del lupo resta dunque incerto, ma le decisioni che verranno prese nei prossimi mesi saranno cruciali per il delicato equilibrio tra conservazione della fauna selvatica e convivenza con le attività umane.