Un Paese sospeso tra speranza e paura. È il ritratto dell’Italia nell’era dell’informazione digitale, secondo il Rapporto 2024 su informazione tra AI, Fake News, Deep Fake, pubblicato dall’Osservatorio della Fondazione per la Sostenibilità Digitale. La ricerca esplora in profondità le differenze culturali e territoriali che influenzano il modo in cui i cittadini percepiscono e contrastano fenomeni come fake news e deepfake. I risultati dipingono un quadro frammentato: i grandi centri urbani mostrano maggiore consapevolezza e capacità critica, mentre nei piccoli centri prevalgono il ritardo digitale e la scarsa alfabetizzazione.
«La diffusione di immagini manipolate tramite l’intelligenza artificiale dimostra quanto sia semplice alterare la realtà per condizionare l’opinione pubblica», ha dichiarato Stefano Epifani, Presidente della Fondazione. «È ormai un fenomeno quotidiano incappare in contenuti totalmente falsi, creati ad hoc per screditare personaggi pubblici o influenzare elettori durante le consultazioni politiche». Per Epifani, la soluzione richiede un “approccio integrato”: «Formare i cittadini al riconoscimento delle fake news, investire in strumenti di verifica tecnologica e definire normative chiare sull’uso di tecnologie come i deepfake».
Fake News: un allarme che divide l’Italia
Secondo il Rapporto, il 76% degli italiani considera le fake news una minaccia seria, ma il comportamento di verifica delle fonti varia notevolmente a seconda del contesto geografico. Nelle grandi città, il 36% dichiara di controllare sempre l’attendibilità delle notizie, mentre solo il 18% ammette di farlo raramente o mai.
Nei piccoli centri, il divario è evidente: appena il 17% verifica sistematicamente, contro un significativo 31% che non controlla quasi mai le fonti.
I dati evidenziano una disparità culturale tra aree urbane e periferiche, dove la scarsa esposizione a campagne di sensibilizzazione e strumenti digitali accentua la vulnerabilità. Allo stesso tempo, emerge un’illusione di superiorità: il 33% degli italiani ritiene di essere poco o per nulla capace di riconoscere una fake news, ma quando si tratta degli altri, il giudizio diventa ancora più severo. Nelle città, infatti, il 59% pensa che la collettività sia incapace di farlo, mentre nei piccoli centri questa percezione si abbassa al 43%.
Deepfake: rischio crescente, fiducia calante
I deepfake – video falsi generati dall’IA – rappresentano una minaccia concreta e sempre più difficile da identificare. Secondo l’indagine, il 73% degli italiani li considera un pericolo per la democrazia. Anche in questo caso, però, emergono differenze territoriali.
Il 30% degli abitanti delle grandi città ritiene il fenomeno “molto rischioso”, contro appena il 16% dei residenti nei piccoli centri.
La capacità di riconoscere un deepfake è percepita come bassa: il 40% si dichiara poco o per nulla capace, percentuale che sale al 50% quando il giudizio si estende alla collettività.
«Affrontare l’ascesa dei deepfake richiede non solo competenze tecnologiche, ma anche una cultura digitale più solida e diffusa», osserva Epifani. «Promuovere una maggiore consapevolezza può arginare i rischi per la democrazia e l’informazione».
Solo una minoranza, compresa tra il 9% e il 13%, si dichiara molto sicura di riuscire a individuare un deepfake, un segnale di consapevolezza sulla sofisticazione crescente di queste manipolazioni. Non sorprende che i cittadini più digitalizzati e attenti ai temi della sostenibilità si distinguano per un approccio più critico, con il 34% che considera i deepfake estremamente pericolosi.
Un Paese in cerca di strumenti e consapevolezza
La ricerca mette in evidenza una necessità urgente: investire in formazione e strumenti di verifica digitale per garantire che la trasformazione tecnologica non accentui ulteriormente i divari territoriali e culturali. Nei piccoli centri, il ritardo è evidente e amplifica la vulnerabilità di fronte alle nuove minacce informative. Nelle grandi città, invece, l’esposizione alla complessità digitale spinge a un maggiore realismo e sensibilità.
L’indagine, basata sul DiSI™ City, misura la percezione del ruolo della tecnologia nelle 14 Città Metropolitane italiane (tra cui Roma, Milano, Napoli e Torino), offrendo uno spaccato significativo del Paese: un’Italia che deve affrontare l’evoluzione dell’informazione digitale con strumenti adeguati, ma soprattutto con una cultura della consapevolezza.
«Promuovere l’alfabetizzazione digitale è la chiave per costruire un sistema mediatico più trasparente e resiliente. È un impegno che riguarda istituzioni, aziende e cittadini», ha concluso Stefano Epifani, sottolineando come la sfida sia collettiva e imprescindibile per il futuro della società digitale.