L’idrogeno sarebbe al centro della visione italiana per la decarbonizzazione e il raggiungimento della neutralità climatica entro il 2050 secondo quanto emerge dalla presentazione della Strategia Nazionale dell’Idrogeno, illustrata nella giornata di ieri dal ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, Gilberto Pichetto Fratin, durante un evento ospitato nella sede del GSE a Roma.
«L’idrogeno è una delle soluzioni fondamentali per il raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione, che abbiamo chiaramente delineato nel PNIEC e devono portarci al ‘Net Zero’ al 2050», ha dichiarato il ministro.
La Strategia delinea un quadro operativo declinato su tre orizzonti temporali – breve, medio e lungo periodo – e prevede diversi scenari per la diffusione dell’idrogeno rinnovabile e a basse emissioni di carbonio. Il documento stima una domanda nazionale compresa tra 6 e 12 Mtep, che richiederà elettrolizzatori con una capacità variabile da alcuni GW a decine di GW, a seconda delle condizioni di contesto.
«La nostra Strategia si articola su diversi scenari, sapendo che l’affermazione del vettore idrogeno dipenderà da molteplici e trasversali tematiche» ha detto Pichetto. «Oggi il governo vuole condividere con imprese e industrie una visione su un settore che già può contare su risorse complessive superiori ai 6 miliardi, ma che ha ancora bisogno di sviluppare un mercato solido e va dunque accompagnato con nuovi strumenti, insieme a una forte coesione inter-istituzionale».
Stando al documento la decarbonizzazione nel nostro Paese richiederà una combinazione di fonti: aumento della produzione da rinnovabili, sviluppo della Carbon Capture Storage, biofuel, biometano e idrogeno, con un possibile ritorno alla produzione nucleare. Il testo evidenzia come l’idrogeno possa essere determinante per superare le limitazioni delle fonti non programmabili e intermittenti, consentendo il trasporto di grandi quantità di energia su lunghe distanze a costi competitivi.
I principali ambiti di applicazione dell’idrogeno evidenziati nel testo includono:
- La decarbonizzazione degli usi finali nel trasporto pesante, marittimo e aereo.
- L’integrazione del sistema energetico attraverso una filiera competitiva.
- L’aumento della sicurezza energetica nazionale, con l’Italia destinata a diventare un hub energetico nel Mediterraneo.
Un progetto chiave è il “Southern Hydrogen Corridor”, che mira a rendere l’Italia un punto di snodo europeo per i flussi di idrogeno, rafforzando la cooperazione internazionale e le infrastrutture necessarie.
“La produzione ‘large scale’ e un’infrastruttura dedicata permetteranno di abbattere i costi di produzione”, si legge nella Strategia. Nel medio termine, sistemi logistici basati su trasporti di idrogeno gassoso e liquido giocheranno un ruolo cruciale.
L’evento romano ha visto la partecipazione di esperti e rappresentanti di istituzioni e imprese, tra cui il Presidente del GSE Paolo Arrigoni, il Delegato per l’Energia di Confindustria Aurelio Regina e il Presidente di H2IT Alberto Dossi che ha dichiarato: «Ora è fondamentale trasformare le linee guida in azioni concrete: servono strumenti di breve, medio e lungo periodo che accompagnino le imprese nella realizzazione dei progetti già finanziati, che supportino la domanda attraverso incentivi mirati e sostengano tutto il comparto della componentistica legato all’idrogeno».
Intanto arrivano i primi commenti e le osservazioni critiche alla Strategia da parte degli esperti e della stampa nazionale. Riccardo Piccolo di Wired parla di “strada in salita” e osserva: «Non mancano gli ostacoli da superare prima che l’idrogeno possa diventare un vettore energetico diffuso. Il primo scoglio è la disponibilità di energia rinnovabile: per produrre idrogeno verde serviranno circa 90 gigawatt di nuovi impianti solari ed eolici entro il 2050, un obiettivo che si scontra con le attuali difficoltà autorizzative e di accettazione sociale delle rinnovabili». Piccolo sottolinea anche come la questione dei costi resti centrale: «La strategia stima che gli investimenti necessari potrebbero arrivare fino a 16 miliardi di euro per i soli sistemi di elettrolisi, ai quali vanno aggiunti altri 33 miliardi per l’ammodernamento di impianti industriali e mezzi di trasporto. Cifre che rendono cruciale il supporto pubblico, almeno nella fase iniziale di sviluppo del mercato».