In occasione della Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, WeWorld ha pubblicato il rapporto “Non staremo al nostro posto. Per il diritto a un lavoro libero da molestie e violenze”, per analizzare e denunciare i comportamenti abusanti che ancora oggi caratterizzano i luoghi di lavoro, intrecciandosi con dinamiche di precarietà, gerarchia e prevaricazione.
Il rapporto contiene i risultati di un sondaggio realizzato insieme a Ipsos, dal quale emerge che il 60% dei lavoratori e delle lavoratrici ha assistito a episodi di violenza sul posto di lavoro, con il 22% degli intervistati che ha subito molestie almeno una volta nella vita. Tra le donne, questa percentuale sale al 28%.
Le forme più diffuse includono violenza verbale (56%), mobbing (53%) e abuso di potere (37%). A peggiorare la situazione è il timore di denunciare: il 62% delle donne non lo fa per paura di perdere il lavoro. La sfiducia nelle tutele aziendali è alta: il 67% di chi ha subito violenze non si è sentito protetto dalla propria azienda.
Le vittime riportano conseguenze psicologiche gravi, con il 56% che soffre di stress e ansia, il 33% di burnout e il 30% di una drastica diminuzione dell’autostima. Per molte persone, la violenza si traduce in dimissioni (25%) o addirittura licenziamenti (14%). Le donne risultano particolarmente vulnerabili: il 37% ha sperimentato burnout e molte riportano episodi di avanzamenti professionali bloccati o trasferimenti punitivi. Oltre il 70% degli intervistati ha subito o assistito a microaggressioni sul lavoro, con il 58% che ne è stato vittima diretta. Tra le donne, il 37% ha subito episodi di mansplaining, mentre il 27% ha ricevuto sguardi o avances inappropriate.
Per permettere di comprendere meglio il fenomeno della violenza sul lavoro, il rapporto di WeWorld contiene, oltre ai risultati del sondaggio, una raccolta di 140 testimonianze: voci e storie fondamentali per ottenere informazioni più dettagliate sulle dinamiche degli abusi, su quali forme assumono, e gli effetti sulle persone coinvolte. Una contabile di 38 anni racconta che, al rientro dalla maternità, è stata spostata dalla sua scrivania al magazzino, nonostante il suo ruolo fosse amministrativo. Una donna di 30 anni, impiegata nel settore della comunicazione, denuncia che in dieci anni di lavoro nella sua agenzia non ha mai visto donne promosse a ruoli di responsabilità. Numerosi episodi di mansplaining, avances inappropriate e commenti sessisti emergono come esperienza comune per molte lavoratrici, che spesso scelgono di tacere per paura o vergogna. È sempre più necessario, infatti, analizzare questi fenomeni nel dettaglio, perché gli abusi sul lavoro, nonostante la loro diffusione, sono ancora troppo spesso normalizzati e considerati accettabili.
Proprio queste prime testimonianze saranno il punto di partenza per una campagna sui social media, a cura di WeWorld, con cui si inviteranno le persone vittime di molestie, abusi e violenze sul lavoro a condividere la loro storia.
Grazie a dieci anni di intervento, ricerca e advocacy, WeWorld, nella parte conclusiva del suo Rapporto, ha elaborato una serie di proposte concrete per il contesto italiano, con l’obiettivo di promuovere un cambiamento reale. Queste misure non si limitano a fornire linee guida di intervento, ma rappresentano anche un invito a mettere in discussione le dinamiche di prevaricazione che alimentano gli abusi. Tra le azioni preventive, viene sottolineata l’importanza di introdurre percorsi di formazione in tutte le aziende, accompagnati da campagne di sensibilizzazione multicanale rivolte alla popolazione per far emergere il fenomeno e le sue specificità, da diffondere su scala nazionale. È inoltre fondamentale avviare curricula obbligatori di educazione alla sessualità e all’affettività nelle scuole di ogni ordine e grado.
Per quanto riguarda il riconoscimento e il monitoraggio delle violenze, l’associazione raccomanda il perfezionamento della certificazione della parità di genere e l’introduzione del reato di molestie sessuali in tutti gli ambiti, compreso quello lavorativo. Si suggerisce inoltre di migliorare gli strumenti di valutazione dei rischi per un monitoraggio più efficace. Infine, WeWorld propone l’adozione di un codice di condotta che garantisca la tutela di lavoratori e lavoratrici in caso di violenze o molestie sul posto di lavoro. Andrebbero identificate figure specializzate e meccanismi di ricorso adeguati, oltre a istituire programmi di supporto per chi ha subito o assistito a episodi di violenza.