Alla COP29 di Baku, la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha delineato la visione del governo italiano sulle politiche climatiche, confermando gli impegni già assunti ma rilanciando su un approccio che ha definito “pragmatico” e “non ideologico”. Al centro delle sue dichiarazioni, un’idea di “neutralità tecnologica” che include un mix di energie rinnovabili, biocarburanti e nucleare, con particolare enfasi sulla fusione nucleare.
Intervenendo ieri al summit con una trasferta-lampo, la Premier ha sottolineato il ruolo dell’Italia come attore di primo piano nello sviluppo della fusione nucleare. «L’Italia è all’avanguardia nella fusione nucleare. Durante la nostra presidenza del G7, abbiamo ospitato il primo incontro del World Fusion Energy Group, sostenuto dall’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica», ha detto Meloni. «Questa tecnologia potrebbe cambiare le carte in tavola», ha aggiunto, esprimendo la volontà di rilanciare una tecnologia ritenuta chiave per il futuro.
Pur confermando l’impegno dell’Italia nelle politiche climatiche, la Premier ha evitato di restringere il discorso alle rinnovabili, considerando i combustibili fossili ancora parte della transizione energetica: «Al momento, non esiste una vera alternativa ai combustibili fossili, serve una visione realistica». Per la Premier, un modello esclusivamente basato sulle rinnovabili non sarebbe praticabile senza includere anche i biocarburanti e la fusione nucleare, che ha definito come parte della «neutralità tecnologica».
A distanza, anche Papa Francesco e il Segretario dell’Onu António Guterres hanno espresso il loro punto di vista sulla crisi climatica, esortando i leader mondiali a non temporeggiare. Il Papa ha sottolineato come l’emergenza climatica «non consente altri ritardi», mentre Guterres ha puntato il dito contro i Paesi più ricchi, accusati di «ingordigia» verso le risorse dei Paesi in via di sviluppo, sfruttate per la transizione energetica. In parallelo, John Podesta, inviato per il clima della Casa Bianca, ha rassicurato sulla continuità dell’impegno americano nella decarbonizzazione, reso possibile dagli «storici investimenti privati» dell’Inflation Reduction Act.
Critiche dagli ambientalisti italiani
Le dichiarazioni di Meloni hanno suscitato forti reazioni in Italia, dove diversi rappresentanti di associazioni ambientaliste hanno criticato l’approccio governativo. Greenpeace ha definito l’intervento della premier come «scritto dall’Eni», mentre Legambiente ha rimarcato come le sue parole rispecchino l’agenda delle lobby del gas e del nucleare. «Le sue dichiarazioni sembrano più un favore all’industria fossile», ha commentato Stefano Ciafani di Legambiente, sottolineando come la priorità italiana sia ancora basata sulle fonti fossili, nonostante gli impegni internazionali per il clima: «Il nostro Pese sul fronte energetico continua ad avere una visione miope che sta facendo fare solo passi indietro anche nella lotta alla crisi climatica, creando al tempo stesso nuove dipendenze energetiche dall’estero, da paesi instabili politicamente. Invece nel resto d’Europa stati come la Germania stanno dimostrando con i fatti che si può e deve accelerare la transizione ecologica sia a colpi di rinnovabili sia spegnendo gradualmente tutte le centrali a fonti fossili, comprese quelle a carbone, entro il 2035».
Il Wwf, per voce di Luciano Di Tizio, ha espresso perplessità sul piano del governo, definendolo un «benaltrismo tecnologico» che rischia di «farci perdere tempo, vite umane, natura e attività economiche». Anche Serena Giacomin di Italian Climate Network ha evidenziato come «la fusione nucleare sia una promessa rinviata al futuro» e che sarebbe invece urgente puntare su «tecnologie già disponibili». Sulla stessa linea, il ricercatore e divulgatore scientifico Nicola Armaroli ha precisato che “la fusione nucleare, pur essendo un campo di ricerca con grande potenziale, non potrà contribuire alla decarbonizzazione per i prossimi 30 anni».
Molto critico anche Ferdinando Cotugno: «In un mondo che brucia e si allaga, oggi, di cosa ha parlato Meloni a COP29?», si domanda il giornalista ambientale, firma del quotidiano Domani e curatore della newsletter e del podcast Areale. «Di fusione nucleare. Non ha menzionato la fissione, che almeno è un’opzione reale, ma la fusione, che è un’energia che non esisterà per decenni, gli unici che abbiamo per risolvere la crisi climatica. La conferenza sul clima è un palcoscenico troppo serio per usarlo in questo modo. Del precedente accordo di COP28 ha menzionato tutto tranne il transitioning away from fossil fuels (cioè il punto più importante), ha citato il gas come alternativa alle rinnovabili, ma soprattutto ha ritenuto di citare una fonte di energia non disponibile, e quindi non esistente, come la fusione. I primi ad arrabbiarsi per altro dovrebbero essere i sostenitori del nucleare».
Transizione energetica e visione europea
Nell’ambito della COP29 si è discusso anche della proposta di un nuovo fondo da 1.300 miliardi di dollari per i Paesi in via di sviluppo, presentata dal G77, che include la Cina. L’Italia, però, condivide con alcuni Paesi europei una visione ancora in parte fossil-dipendente. Le organizzazioni ambientaliste italiane sottolineano come altre nazioni, come la Germania, stiano accelerando sulla transizione ecologica senza fare affidamento su combustibili fossili. Legambiente ha ricordato la petizione lanciata per sollecitare il governo a non continuare a finanziare il gas e il carbone: «Il governo Meloni vuole trasformare l’Italia nell’hub del gas», sostiene Legambiente, ricordando che sono attualmente 170 le nuove infrastrutture fossili in fase di valutazione.
Visioni contrastanti sulla sicurezza energetica e indipendenza italiana
Il tema dell’indipendenza energetica dell’Italia è stato un altro punto caldo, con Legambiente che ha evidenziato i dati sulla provenienza delle importazioni energetiche. «L’Algeria è oggi il principale fornitore di gas dell’Italia» dice Legambiente, ricordando la diminuzione delle forniture russe e l’aumento delle importazioni da Paesi come l’Azerbaigian e gli Stati Uniti. La critica si è estesa anche al parallelo tra il discorso di Meloni e le dichiarazioni di İlham Əliyev, presidente dell’Azerbaigian, che promuove una politica energetica simile.