Il no della Germania non è bastato a fermare l’avanzare di misure protezionistiche contro le auto elettriche cinesi. In un clima di tensione e divisioni, l’Unione Europea ha avviato un processo che potrebbe portare all’introduzione di nuovi dazi, fino al 35%, sulle auto elettriche importate dalla Cina, in aggiunta all’attuale tariffa del 10%. La misura, progettata per arginare la concorrenza sleale legata ai massicci sussidi statali cinesi al settore, divide i governi europei e rischia di scatenare una nuova guerra commerciale.
Durante il voto decisivo al Comitato Difesa Commerciale a Bruxelles, dieci Paesi, tra cui Italia e Francia, hanno appoggiato la proposta di Bruxelles; altri dodici, con la Spagna in testa, si sono astenuti, mentre cinque governi, guidati dalla Germania, hanno espresso contrarietà. Nonostante la mancata maggioranza qualificata, la Commissione ha comunque avuto via libera a procedere. I dazi, una volta applicati, varieranno dal 7,8% per Tesla al 35,3% per il marchio cinese MG di SAIC, e resteranno in vigore fino a cinque anni.
Obiettivo: proteggere l’industria europea e 14 milioni di posti di lavoro
Con questi dazi, l’Europa mira a difendere le sue imprese dall’afflusso di veicoli elettrici a basso costo che metterebbero a rischio la competitività delle aziende europee e l’occupazione di circa 14 milioni di persone. La mossa non è tuttavia priva di conseguenze diplomatiche: Pechino ha definito la decisione «una protezione ingiusta e irragionevole», minacciando di rispondere colpendo l’export europeo. Già avviate indagini su prodotti come carne suina, latticini e alcolici europei, che potrebbero essere colpiti da misure analoghe.
Le ripercussioni di una guerra commerciale preoccupano i Paesi dell’UE più esposti, in particolare la Germania, che considera la Cina un mercato fondamentale per le sue case automobilistiche di punta come Volkswagen, Mercedes e BMW. «Sappiamo tutti che ci saranno rappresaglie», ha affermato un diplomatico europeo, esprimendo timori per l’assenza di una strategia industriale unitaria in Europa, come già indicato nel rapporto Draghi sulla competitività. Il ministro delle Finanze tedesco, Christian Lindner, ha sottolineato la necessità di evitare l’escalation: «Ursula von der Leyen non deve innescare una guerra commerciale».
Cercare un equilibrio: negoziati e possibili compromessi
In risposta alla tensione, il ministro delle Imprese italiano, Adolfo Urso, ha ribadito che il sostegno italiano è «in linea con le analisi tecniche della Commissione UE», ma ha auspicato una soluzione «win-win basata sul principio di reciprocità», proponendo di rilanciare il dialogo sia bilaterale sia in sede WTO. Anche Stellantis ha espresso supporto per «una concorrenza libera e leale», posizionandosi in sintonia con l’associazione europea dei costruttori di auto (ACEA). Intanto, i colloqui diplomatici restano aperti. Valdis Dombrovskis, responsabile UE per il Commercio, e il suo omologo cinese Wang Wentao proseguiranno le trattative per scongiurare l’introduzione dei dazi. Un primo incontro tecnico è previsto per lunedì, e se un’intesa sarà trovata entro il 30 ottobre, i dazi potrebbero essere evitati o revocati.
Le sfide per il futuro dell’industria auto europea
ACEA ha lanciato un avvertimento sulle sfide strutturali che restano aperte per garantire la competitività del settore europeo, tra cui la revisione del calendario per lo stop ai motori diesel e benzina previsto per il 2035. In un contesto di crescente concorrenza globale, la Commissione è ora chiamata a bilanciare protezione e apertura per preservare la competitività dell’industria europea senza scivolare in una nuova guerra commerciale.