L’idrogeno, una delle più promettenti risorse per decarbonizzare settori complessi come l’industria pesante e i trasporti, resta in una fase di sviluppo incerta e arretrata. A confermare il quadro è l’ultimo Osservatorio sul Mercato Internazionale dell’Idrogeno, presentato durante il convegno “Il futuro dell’idrogeno: dalle strategie nazionali al mercato globale”, organizzato da AGICI a Milano. La produzione di idrogeno nell’Unione Europea fatica a tenere il passo con gli ambiziosi obiettivi di REPowerEU, che prevede di produrre 10 milioni di tonnellate di idrogeno all’anno entro il 2030, affiancate da un uguale volume di importazioni. I principali Paesi produttori dell’UE, tuttavia, raggiungeranno solo il 50% del target, con una produzione stimata di 4,8 milioni di tonnellate.
A livello globale, lo studio di AGICI ha censito oltre 1.900 progetti sull’idrogeno, ma solo il 27% di questi (510 progetti) è in una fase avanzata di sviluppo, con l’Europa al primo posto per numero di iniziative concrete. «L’idrogeno rappresenta una delle principali opzioni per la decarbonizzazione dei settori hard to abate, ma né l’Europa né l’Italia sono veramente pronte», ha dichiarato Stefano Clerici, Direttore dell’Osservatorio. «Le complessità normative e le incertezze geopolitiche rallentano gli investimenti, e senza una strategia nazionale l’Italia rischia di rimanere indietro».
Il suo costo rimane uno dei maggiori ostacoli: produrre idrogeno rinnovabile comporta spese operative elevate, rendendo cruciale il sostegno economico. In Europa sono stati individuati sette meccanismi di incentivazione per complessivi 12,9 miliardi di euro, ma in Italia il percorso resta particolarmente difficoltoso. Nonostante il coinvolgimento in 70 progetti UE per l’idrogeno e i fondi IPCEI, l’Italia dipende quasi esclusivamente dal PNRR, che ha destinato 2,9 miliardi di euro a sei linee di investimento per l’idrogeno. Ad oggi, la distribuzione dei finanziamenti vede il Nord in vantaggio, con 693 milioni di euro assegnati, seguito dal Sud con 506 milioni e dal Centro con 118 milioni.
Tuttavia, mancano ancora basi solide per lo sviluppo: il Paese non ha ancora definito una strategia nazionale, condizione che ha frenato l’introduzione di incentivi strutturati e reso gli investimenti rischiosi e insostenibili per gli operatori. «Le complessità normative e le incertezze geopolitiche rallentano gli investimenti, e senza una strategia nazionale l’Italia rischia di rimanere indietro».
Diversi Paesi hanno iniziato a delineare una visione strategica sul proprio ruolo nel mercato internazionale dell’idrogeno», ha spiegato Francesco Elia, Coordinatore dell’Osservatorio, «ma l’idrogeno come vettore energetico resta un’opzione largamente inesplorata. I costi di avvio e gestione elevati, insieme alla mancanza di una domanda consolidata nei settori chiave, impediscono lo sviluppo di un vero mercato globale della molecola».
In un contesto dove i ritardi rischiano di far perdere anche i fondi del PNRR, le prospettive per il mercato dell’idrogeno italiano restano incerte. Sfruttare le risorse disponibili e avviare una strategia a lungo termine è essenziale per permettere all’Italia di ritagliarsi uno spazio rilevante nella transizione energetica.