Nella giornata di ieri il Consiglio dell’Unione Europea, con la sola astensione di Malta, ha formalmente adottato la nuova direttiva per aggiornare gli standard sulla qualità dell’aria (Ambient Air Quality Directive), rafforzando le misure per la tutela della salute pubblica e dell’ambiente. Le nuove regole si inseriscono all’interno dell’obiettivo più ampio per raggiungere un livello di inquinamento pari a zero entro il 2050 e prevenire migliaia di morti premature causate dall’inquinamento atmosferico.
Con le nuove norme, i co-legislatori hanno concordato di stabilire standard UE sulla qualità dell’aria migliorati per il 2030 sotto forma di valori limite e target più vicini alle linee guida dell’OMS e che saranno regolarmente rivisti. La direttiva rivista copre una serie di sostanze inquinanti atmosferiche, tra cui particelle fini e particolato (PM 2,5 e PM 10 ), biossido di azoto (NO 2 ), biossido di zolfo (SO 2 ), benzo(a)pirene, arsenico, piombo e nichel, tra gli altri, e stabilisce standard specifici per ciascuno di essi. Ad esempio, i valori limite annuali per gli inquinanti con il più alto impatto documentato sulla salute umana, PM 2,5 e NO 2 , verrebbero ridotti rispettivamente da 25 µg/m³ a 10 µg/m³ e da 40 µg/m³ a 20 µg/m³.
Gli Stati membri dell’UE saranno tenuti a monitorare attentamente la qualità dell’aria, implementando strumenti di misurazione e modellizzazione aggiornati e più precisi. Nel caso in cui il raggiungimento degli obiettivi entro il 2030 risulti impossibile, la direttiva prevede la possibilità di richiedere una proroga, a condizione che siano rispettati criteri rigorosi.
L’accordo provvisorio consente agli Stati membri di richiedere, entro il 31 gennaio 2029, una proroga per raggiungere i nuovi limiti di qualità dell’aria. La proroga potrà estendersi fino al 1° gennaio 2040 per le aree con condizioni climatiche e orografiche particolari o dove le riduzioni avrebbero un impatto significativo sugli impianti di riscaldamento domestico. Inoltre, potrà essere concessa fino al 1° gennaio 2035 (con possibile estensione di due anni) se le previsioni indicano l’impossibilità di rispettare i limiti entro i tempi previsti.
Più nel dettaglio, la direttiva consente di posticipare la scadenza del 2030 in due casi specifici. Una prima possibilità di rinvio, fino al 2035 (con ulteriori due anni di estensione), è prevista per i casi in cui le previsioni mostrino l’impossibilità di raggiungere i limiti nei tempi previsti. Gli Stati membri possono inoltre richiedere una proroga fino al 2040 in aree con particolari condizioni climatiche o orografiche, dove gli interventi necessari comporterebbero un impatto significativo sugli impianti di riscaldamento domestico. Quest’ultimo è il caso dell’Italia, che ha già chiesto una proroga appellandosi alle particolari condizioni del bacino padano, caratterizzato da scarsa ventilazione e limitata dispersione degli inquinanti.
La proroga richiesta dall’Italia ha scatenato la pronta risposta di diverse associazioni, tra cui Legambiente e Cittadini per l’Aria.
«La Lombardia si presenta alla sfida della nuova direttiva con tutto il peso delle inadempienze e delle plurime procedure di infrazione attivate per la inadeguatezza degli sforzi fin qui compiuti», dichiara Barbara Meggetto, Presidente di Legambiente Lombardia. «Ora abbiamo un decennio per affrontare una drastica cura dimagrante delle emissioni, in particolare nei due settori che maggiormente contribuiscono allo smog, l’eccessivo traffico stradale e l’insostenibilità dei troppi allevamenti intensivi. Non perdiamo altro tempo in scuse, giustificazioni e dilazioni, realizzando la transizione verso una Lombardia sostenibile, pulita ed energeticamente efficiente!»
Sulla stessa lunghezza d’onda è anche l’associazione Cittadini per l’Aria Onlus. «L’Italia è da troppi anni dalla parte sbagliata della storia sul tema della qualità dell’aria», commenta Anna Gerometta, presidente di Cittadini per l’Aria. «Le misure sono poche, incoerenti e cronicamente tardive. L’attenzione data a questo tema nonostante la gravità della situazione nel nostro Paese è minima e rincorre non la necessità di tutelare la popolazione ma quella di evitare le infrazioni europee. Prova ne sia il decreto-legge 16 settembre 2024, n. 131, secondo in un anno, ora in fase di conversione alla Camera dei deputati che, tentando nuovamente di chiudere le numerose procedure di infrazione sulla qualità dell’aria pendenti nei confronti del nostro Paese, mette sul tavolo pochi fondi, che verranno messi a disposizione prevalentemente fra vari anni e l’ennesimo tavolo sull’aria. Chiediamo di ascoltare la scienza e dare finalmente una svolta alle politiche sulla qualità dell’aria, mettendoci subito a lavorare con l’obiettivo di rispettare i nuovi limiti, evitando proroghe che rappresenterebbero una sconfitta per il Paese e i suoi cittadini; continuare a mettere in atto le azioni viste fino ad oggi non porterà alcun beneficio al nostro Paese, privandolo al contrario del beneficio alla salute della popolazione, all’economia, all’ambiente».