Dopo la Sicilia, dove crisi idrica ha causato il razionamento dell’acqua potabile per circa 2 milioni di persone, anche la Sardegna deve fare i conti con una gravissima siccità, tanto da rendere necessaria la dichiarazione dello stato di emergenza. La decisione è stata presa durante una seduta speciale convocata dalla Presidente della Regione Alessandra Todde. Il provvedimento, che sarà in vigore fino al 31 dicembre 2024, mira a “poter mettere in atto i necessari interventi per la gestione dell’emergenza attraverso ordinanze di protezione civile, adottate dalla Presidente della Regione, in deroga alla normativa regionale”, scrive la Regione.
La delibera prevede anche l’assegnazione di ulteriori risorse finanziarie per affrontare la crisi idrica. La distribuzione di queste risorse verrà definita in dettaglio attraverso successive ordinanze di protezione civile, basate su un’analisi approfondita dei bisogni specifici. L’obiettivo primario è quello di agire tempestivamente per proteggere sia la popolazione che le attività economiche dell’isola, in particolare quelle legate all’agricoltura, fortemente colpite dalla carenza d’acqua.
Le direzioni generali dell’Agenzia regionale del distretto idrografico della Sardegna, dei Lavori pubblici, della Protezione civile e dell’Agricoltura sono al lavoro per redigere una relazione tecnico-illustrativa. Il documento è fondamentale “per attivare, qualora ne ricorressero i presupposti, la richiesta al Presidente del Consiglio dei Ministri per la dichiarazione dello stato di emergenza nazionale”, scrive la Regione Sardegna.
Nell’altra grande isola dello stivale, la Sicilia, lo stato di emergenza nazionale è stato dichiarato a maggio. La situazione idrica in Sicilia è particolarmente critica nelle aree occidentali e meridionali, dove diversi invasi artificiali sono quasi completamente asciutti, con 6 bacini su 29 ormai inutilizzabili. Ad Agrigento, l’acqua viene distribuita tramite autobotti ogni due settimane. A Caltanissetta, alcune aree sono senza acqua da oltre un mese, e il sindaco ha invitato i cittadini con pozzi privati a condividere l’acqua.
In Sardegna la crisi idrica è aggravata da incendi che, alimentati dalle temperature estreme, stanno devastando vasti territori di pascoli e boschi. Il caldo eccezionale e la mancanza di piogge hanno messo in difficoltà le attività agricole e zootecniche, costringendo a misure di razionamento dell’acqua in diverse zone. Le regioni più colpite sono Baronia e l’Ogliastra, i cui bacini hanno visto una riduzione significativa della propria capacità: da 1.145,63 milioni di metri cubi a 1.048,06 milioni nel solo mese di giugno. A luglio, la situazione è ulteriormente peggiorata, con un calo di riempimento che ha colpito duramente le riserve.
Nelle zone di Siniscola, Posada, Torpè, Budoni e San Teodoro, sulla costa nord-orientale, l’irrigazione è stata interrotta a causa dei bassi livelli d’acqua, con il bacino di Maccheronis a un preoccupante 26,8% della sua capacità. Anche il sud-est dell’isola, particolarmente il Sulcis, sta soffrendo gravemente. Recenti rapporti di Legambiente posizionano la Sardegna come la quarta regione più colpita dalla siccità in Italia, dopo Sicilia, Lombardia e Piemonte.
“Sulla base delle informazioni e dei dati, anche climatologici, disponibili e delle analisi prodotte dai competenti uffici, che identificano uno scenario in atto che può evolvere in una condizione emergenziale, e allo scopo di assicurare maggiore efficacia operativa e di intervento in relazione al rischio derivante da deficit idrico – ha spiegato la presidente Todde – vi è l’urgenza di ricorrere a prime e immediate misure di mitigazione del rischio volte a contenere gli effetti della crisi idrica in atto, che richiedono l’attivazione di procedure straordinarie come quella della dichiarazione dello stato di emergenza. In questo modo – ha spiegato Alessandra Todde – saremo in grado di mettere in atto i primi interventi urgenti, che adotteremo attraverso ordinanze di protezione civile, anche in deroga alla normativa in vigore”.