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ANBI: il caldo estremo di questi giorni minaccia agricoltura e turismo

"Gli eventi - dice Francesco Vincenzi, Presidente di ANBI - dimostrano che ormai anche il futuro del turismo estivo è a rischio, schiacciato fra temperature spesso insopportabili e la crescente insofferenza dei residenti”
Ambiente
Redazione
19/07/2024

Mentre il 19 luglio si preannuncia come un’altra giornata all’insegna del caldo estremo, con ben 17 città italiane da bollino rosso segnalate nell’ultimo aggiornamento del bollettino sulle ondate di calore del ministero della Salute, continua ad allarmare la situazione generale del mar Mediterraneo.
L’anomala temperatura del mar Mediterraneo (30°, 3 gradi sopra il consueto) eguaglia ormai quella del mar dei Caraibi con evidenti conseguenze sugli ecosistemi marini e sul clima di Europa, Medio Oriente e Nord Africa. L’emergenza climatica ha riflessi diretti sull’economia del Sud del Vecchio Continente e del Maghreb, dove un asset fondamentale come il turismo sta risentendo dell’estremizzazione meteorologica (ondate di calore, fenomeni violenti e crisi idrica).

“Piaccia o meno – osserva Francesco Vincenzi, Presidente di ANBI, commentando l’ultimo rapporto settimanale -, gli eventi dimostrano che ormai anche il futuro del turismo estivo è a rischio, schiacciato fra temperature spesso insopportabili e la crescente insofferenza di residenti, che si sentono minacciati anche nella disponibilità di un bene primario quale l’acqua; quel che è accaduto nell’iberica Catalogna, dove gli abitanti hanno già attuato azioni dimostrative e manifestazioni, è solo la punta di un malessere diffuso: quando la coperta è troppo corta, emergono prevedibili egoismi”.

In Grecia, dove il fabbisogno idrico aumenta fino a 100 volte durante il periodo estivo, manca l’acqua nelle isole dello Ionio, del Dodecaneso e delle Cicladi, dove lo sviluppo del turismo di massa ha messo in crisi le infrastrutture idrauliche dopo aver relegato l’agricoltura a piccoli orti familiari cancellando, in molti casi, antichissime produzioni vitivinicole. Nell’Attica è piovuto meno della metà del consueto e le ondate di calore, con temperature superiori ai 40 gradi, si susseguono da oltre un mese con grave perdita di produzioni orticole, nonché di grano (-7,5% sulla media decennale).
In Turchia, ad Istanbul, i serbatoi, che forniscono acqua a 15 milioni e mezzo di abitanti, trattengono meno del 29% di risorsa, mentre la Tunisia, dopo 6 anni di siccità estrema, è diventata il quinto Paese più vulnerabile alla scarsità idrica nel mondo.
In Marocco la siccità è la causa principale del più alto aumento mai registrato nel tasso di disoccupazione: +0,8%, con ricadute pesanti sul comparto agricolo (-206.000 posti di lavoro) seguito dal terziario (-63.000 posti).

Situazione critica anche in diversi territori della nostra Penisola. L’Italia meridionale, a cominciare dalla Sicilia, è sfiancata dalla mancanza di pioggia e dal caldo torrido, e sta assistendo impotente al prosciugamento delle ultime riserve idriche. Gli invasi dell’isola, in soli 24 giorni e nonostante restrizioni all’uso per centinaia di migliaia di abitanti, sono calati di ben 21 milioni di metri cubi d’acqua. Sei bacini su 29 sono a secco (nel serbatoio di Fanaco, la cui capacità è di ben 110 milioni di metri cubi, non c’è più acqua disponibile), altri 6 hanno meno di un milione di metri cubi d’acqua utilizzabile, e in 4 la disponibilità risulta inferiore ai 2 milioni di metri cubi.
Secondo l’Associazione Nazionale Bonifiche, Irrigazioni e Miglioramento Fondiario (ANBI), considerando quanto è accaduto nello scorso triennio, ancor più preoccupante sull’Isola come nel resto del Meridione è che la stagione calda e secca possa prolungarsi fino ad Ottobre inoltrato. Nel frattempo, la produzione di grano duro si è ridotta del 60% e quella di frumento dell’80%.
In Puglia, nella sola Capitanata, nel foggiano, ogni settimana le riserve idriche calano di oltre 2 milioni di metri cubi d’acqua tra quella utilizzata e quella evaporata; ne restano meno di 111 milioni, contro i 280 dello scorso anno.
Gli invasi della Basilicata trattengono attualmente 250 milioni di metri cubi d’acqua: in una settimana i volumi hanno subito una contrazione di 12 milioni (1,7 milioni al giorno); lo scorso anno c’era l’83% di acqua in più. Nel Materano è stato chiesto lo stato di calamità.
In Calabria la diga del Menta trattiene meno del 47% dell’acqua invasabile e nel Crotonese le sorgenti hanno fatto registrare un calo del 46%.
In Abruzzo, esauritasi la disponibilità idrica dal bacino di Penne con le inevitabili ripercussioni sull’ agricoltura del comprensorio, l’attenzione si sposta su altri territori: la valle Peligna è da settimane alle prese con turnazioni ed interruzioni programmate nell’erogazione dell’acqua agricola per consentire la ricarica delle vasche d’accumulo, che faticano a riempirsi a causa delle esigue portate fluviali; la diga di Chiauci, che serve però il Chietino, trattiene solamente il 46% dei volumi invasabili ed eroga 1000 litri d’acqua al secondo per i vari utilizzi (irriguo, potabile, industriale); i fiumi Sangro, Orta e Vomano hanno livelli idrometrici inferiori di circa 10 centimetri rispetto allo scorso anno.
In Campania, le dighe cilentane trattengono volumi idrici pari a 13,65 milioni di metri cubi, circa il 50% in meno di acqua invasata rispetto a luglio 2023 mentre i fiumi registrano riduzioni di portata, evidenti soprattutto nel bacino del Garigliano.

Preoccupa anche la condizione di molti laghi dell’Italia centrale e del principale bacino fluviale dell’Appennino Centrale. Nel Lazio il lago di Bracciano si è abbassato di 21 centimetri in un anno; il livello del bacino lacustre di Nemi si sta ora riducendo di 1 centimetro al giorno, perdendo 57 centimetri in un anno e 163 in un triennio. A Roma, il fiume Tevere ha una portata quasi dimezzata (mc/s 76,70), rispetto alla norma; alla foce i livelli idrometrici particolarmente bassi agevolano l’intrusione salina, che oggi risale per 10 chilometri dallo sbocco a mare con il rischio di compromettere l’utilizzo irriguo dell’acqua; in calo sono anche le portate di Aniene e Velino.

“Il nostro Paese – commenta Massimo Gargano, Direttore Generale di ANBI – è spaccato in due dal clima, tra rischio alluvionale al Nord e regioni drammaticamente assetate nel Centro-Sud; è una situazione, conseguenza dell’estremizzazione degli eventi atmosferici, cui bisogna rispondere con politiche di adattamento, aumentando la resilienza dei territori. In questo, un aiuto importante deve arrivare dall’innovazione: mercoledì prossimo, a Roma, presenteremo alcune sperimentazioni in atto con il mondo universitario e diventate casi di studio europei. È un nostro contributo alla cultura scientifica per la ricerca di una nuova normalità idrica, evitando di vivere in emergenza continua”.

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