Non è casuale che il primo esempio di packaging nell’allegato alla bozza di nuovo regolamento europeo sugli imballaggi (PPWR) sia una scatola per dolci. Il settore Food & Beverage sarà infatti direttamente impattato dall’entrata in vigore della normativa, attualmente al vaglio dell’Unione europea, dopo gli edit rispetto al testo del Packaging and Packaging Waste Regulation (PPWR) Proposal del 30 novembre 2022.
Consiglio, Parlamento e Commissione sono ora al lavoro per un accordo finale, con l’ambizione che la PPWR entri in vigore entro il termine del 2024, dopo l’accordo provvisorio dello scorso 4 marzo.
Si tratterà, è importante ricordarlo, di un regolamento; quindi, immediatamente applicabile in tutti gli Stati membri una volta deliberato da Parlamento e Consiglio, senza bisogno di ulteriori leggi nazionali di recepimento.
Gli imballaggi, dichiara il testo della norma sin dal suo incipit, sono necessari per proteggere e trasportare le merci. E questo assume specifiche connotazioni ed un particolare rilievo per l’industria alimentare. L’obiettivo del legislatore, premesso che la produzione di imballaggi è un’importante attività economica nell’UE, è ancora una volta creare un “level field of play”, armonizzando normative locali. Senza dimenticare, nel quadro del Green Deal – neutralità climatica al 2050, l’importante impatto ambientale del packaging, in relazione all’utilizzo di materiali vergini (secondo il PPWR, il 40% della plastica e il 50% della carta utilizzata nell’UE) e al fine vita, rappresentando secondo il PPWR il 36% del totale dei rifiuti solidi. L’ambizione comunitaria è quella della circolarità e della conservazione della biodiversità, tanto da mettere nero su bianco l’obiettivo di riduzione di rifiuti di imballaggio generati pro capite del 5% entro il 2030, che diventerà 10% entro il 2035 e 15% entro il 2040.
Entriamo ora nel merito di singoli “capitoli”, a nostro avviso di cruciale importanza per chi si occupi di alimentazione, a partire dal tema della minimizzazione e/o eliminazione del packaging. L’imballaggio deve essere progettato in modo tale che “il suo peso e il suo volume siano ridotti al minimo necessario per garantirne la funzionalità tenendo conto del materiale”. L’articolo 9 ora citato rimanda all’allegato IV, che specifica come il primo obiettivo del packaging debba essere quello della protezione del prodotto, “al fine di evitare danni, perdite, deterioramenti o sprechi”. I danni possono essere “meccanici o chimici, dalla vibrazione, dalla compressione, dall’umidità, dalla luce, dall’ossigeno, dalle infezioni microbiologiche, dai parassiti, dal deterioramento delle proprietà organolettiche, eccetera”: l’imballaggio che non risponda a questa esigenza “non deve essere immesso sul mercato”.
No all’overpackaging anche in riferimento al riempimento dei contenitori: sarà necessario fornire documentazione tecnica che dimostri come lo spazio vuoto, anche nel caso di trasporto/e-commerce, sia inferiore al 40% del volume totale. Un esempio di over-packaging comune nel mondo del food? Lo strato di plastica che raccoglie le lattine o le bottiglie di bevande per comodità di trasporto dell’utente finale, a gruppi di 6, da ripensare in toto.
Cruciale, per il legislatore è il tema della riciclabilità, cui è dedicato l’articolo 6 che impone che tutti i materiali degli imballaggi, a partire dal 2030, dovranno essere riciclabili, con tanto di definizione che ne integra la reale possibilità di riciclo, in relazione al contesto. E che esige che le materie ottenute dal riciclo siano di qualità tale da poter costituire materie prime seconde, con un approccio a due fasi. A partire dal 1º gennaio 2030 gli imballaggi dovranno essere conformi a criteri di eco-design mentre, a partire dal 1º gennaio 2035, gli imballaggi riciclabili dovranno anche essere raccolti, cerniti e riciclati in modo sufficiente ed efficace (“riciclati su larga scala”). Alcune implicazioni evidenti per il settore hanno a che fare con il packaging multistrato, e con alcuni materiali attualmente in uso, come i film di pellicola, la cui riciclabilità andrà dimostrata con schede tecniche dedicate.
L’articolo 7 prescrive che, a partire dal 1º gennaio 2030, gli imballaggi di plastica dovranno contenere una certa quantità minima di contenuto riciclato recuperato da rifiuti di plastica post-consumo, ancora di più invitando gli operatori a riflettere sul riciclaggio di imballaggi in PET, sia bottiglie che altri contenitori adatti al contatto con alimenti (MOCA). Per entrambe queste categorie l’obiettivo sarà del 30% al 2030 per arrivare al 65% nel 2040, anche grazie all’obbligo per gli Stati Membri di garantire l’istituzione di Deposit Return Systems (DRS), in particolare su bottiglie in plastica e contenitori per bevande monouso in metallo con capacità fino a 3 litri.
Target ancora più ambiziosi quelli relativi al reusable packaging (articoli 10 e 26): secondo la bozza del 30 novembre, dovranno essere riutilizzabili (Re-use/Re-Fill) l’80% dei contenitori per le bevande take-away ed il 40% di quelli per i cibi pronti da asporto.
L’imballaggio sarà considerato riutilizzabile in presenza di specifiche condizioni sia all’atto della progettazione, sia della fase d’uso (“è stato ideato, progettato e immesso sul mercato con l’obiettivo di essere riutilizzato o ricaricato” – “può essere svuotato, scaricato, riempito o ricaricato garantendo il rispetto dei requisiti di sicurezza e igiene”). Temi al centro anche dell’articolo 5, che impone come la somma dei livelli di concentrazione di piombo, cadmio, mercurio e cromo esavalente derivante da sostanze presenti nei packaging o nei componenti non possa superare i 100 mg/kg. Importante rilevare, nella versione di marzo 2024, l’introduzione di PFAS, “forever chemicals”, tra le sostanze bandite.
L’articolo 8 mette sotto i riflettori la compostabilità, imponendo che entro 2 anni dall’entrata in vigore del regolamento, le buste e le confezioni monodose per tè e caffè, le etichette adesive e le buste per alimenti dovranno essere compostabili a livello industriale, negli impianti di trattamento dei rifiuti organici senza pregiudicare la riciclabilità di altri flussi di rifiuti. Una notazione importante in riferimento, ad esempio, alle buste di materiale biodegradabile per gli alimenti – comprese di etichetta. Le cosiddette “bioplastiche” possono infatti essere a base biologica e non biodegradabili (es. PE, PET, PA di origine biologica); a base biologica e biodegradabili (es. PLA, PHA, PBS, miscele) di amidi; a base fossile e tuttavia, biodegradabile (es. PBAT, PCL). Importante focalizzare l’attenzione su quanto messo a disposizione dei consumatori per insacchettare frutta e verdura: le “buste molto leggere” dovranno venire drasticamente ridotte nell’uso. All’articolo 29 si prospetta un limite al consumo pari a 40 buste/ anno pro-capite, entro la fine del 2025.
Il ruolo chiave che potrà giocare il consumatore nel contribuire ad indirizzare l’ambizione del regolatore europeo è ben illustrato dal Capo III (Articolo 11), dedicato all’etichettatura ambientale, che dovrà informare i consumatori sulla composizione del packaging, indicare se sia parte di un sistema di reso o meno, “al fine di facilitare la cernita (…) le stesse etichette saranno apposte sui contenitori per rifiuti, in modo che il consumatore possa individuare facilmente il percorso di smaltimento appropriato (…) Le etichette armonizzate saranno progettate anche per informare circa il contenuto riciclato presente negli imballaggi di plastica”. Gli imballaggi riutilizzabili saranno dotati di un codice QR o di altro tipo di supporto digitale che consenta di accedere alle informazioni pertinenti per facilitarne il riutilizzo.
Ancora una volta il legislatore europeo intende dare corpo alla propria ambizione di voler essere leader in materia di sostenibilità su scala globale, presidiando un tema chiave nel dibattito. Lo scorso 2 marzo 2022 l’Assemblea delle Nazioni Unite per l’Ambiente aveva deliberato di porre fine all’inquinamento da plastica, ponendo l’obiettivo di delineare un accordo giuridicamente vincolante a livello internazionale entro il 2024, quando si terranno una IV ed una V sessione di lavori, preliminari ad una conferenza definitiva.
Entro il 2025, nel Regno Unito il Plastics Pact, iniziativa di Ellen MacArthur Foundation e WRAP ad adesione volontaria, intende eliminare il packaging monouso o non necessario, imporre modelli di ecodesign per il riuso; garantire che il 100% degli imballaggi in plastica sia riutilizzabile, riciclabile compostabile; riciclare o compostare efficacemente il 70% degli imballaggi in plastica; arrivare ad una media del 30% del contenuto riciclato.
Un’ultima accortezza, infine, legata alla normativa comunitaria. Laddove di carta, il packaging è anche oggetto di attenzione nella EU Deforestation Regulation (EUDR), in vigore da fine 2024.