Arriva oggi in libreria Ogni prigione è un’isola (Mondadori, 168 pagine), l’ultimo libro della giornalista e conduttrice televisiva Daria Bignardi. Difficilmente ascrivibile all’interno di un genere preciso – non è un romanzo e nemmeno un saggio – mette al centro la solitudine e l’isolamento, sia fisico che interiore, attraverso le storie di persone che hanno vissuto esperienze di reclusione. Si tratta di un lavoro frutto di trent’anni di incontri e conversazioni con detenuti, ex detenuti e persone che hanno vissuto in situazioni di marginalità. Con il tempo, infatti, il carcere è diventato parte integrante della vita dell’autrice, che ha lavorato presso il giornale di San Vittore, ha portato in televisione le sue conversazioni con i detenuti e accompagnato sua figlia in parlatorio per conoscere il nonno recluso, Adriano Sofri. Bignardi, che con alcuni detenuti ha costruito un rapporto duraturo, rimane ancora oggi un “articolo 78”, status che permette a persone esterne all’amministrazione carceraria di partecipare ad attività culturali e formative all’interno degli istituti penitenziari.
Ogni prigione è un’isola prende il via dalla rivolta avvenuta nelle prime settimane della pandemia all’interno del carcere di San Vittore a Milano e prosegue con l’analoga vicenda verificatasi nello stesso periodo nel carcere di Modena. È quindi un libro politico, perché parlare di carcere implica confrontarsi con le scelte politiche che privilegiano i metodi repressivi o riabilitativi di una società. Nel nostro caso, significa confrontarsi con problemi come il sovraffollamento, la mancanza di igiene, la carenza di attività e di personale, casi di violenza e di tortura. Ma è anche un testo personale, attraversato da ricordi e riflessioni. Alcune di queste arrivano dalla piccolissima isola di Linosa, in Sicilia, dove l’autrice si è isolata per scrivere il suo libro. Gli incontri e la vita sull’isola trovano delle assonanze con le storie ascoltate in prigione, e che si connettono a ritratti, cronache, memorie. “Il carcere – scrive Bignardi – è come la giungla amazzonica, come un paese in guerra, un’isola remota, un luogo estremo dove la sopravvivenza è la priorità e i sentimenti primari sono nitidi”.