“Il lavoro ha un ruolo attivo nell’alimentazione della felicità. Non è un’impressione, non è trascurabile, è un fatto”. A ribadirlo è Sandro Formica, VicePresidente e Direttore scientifico dell’Associazione Ricerca Felicità, commentando i risultati dell’ultima ricerca dell’Associazione Ricerca Felicità, che per il quarto anno consecutivo misura lo stato di salute della felicità e del benessere dei lavoratori, sia nella dimensione aziendale sia in quella individuale e sociale.
Dal nuovo Osservatorio BenEssere Felicità – condotto dall’1 al 7 marzo scorso su un campione di 1000 persone rappresentative di tutte le generazioni attive, secondo il loro peso fisiologico nel mercato del lavoro (dalla Generazione Z ai Boomer) – emerge che il fenomeno delle grandi dimissioni potrebbero continuare. Infatti, alla domanda “ti piacerebbe avere la possibilità di cambiare posto di lavoro o lavoro nei prossimi 12 mesi?” solo poco più della metà (55%) degli intervistati ha risposto di no. Il 24% vorrebbe invece cambiare azienda o posto di lavoro e il 21% vorrebbe addirittura cambiare lavoro o mestiere, per un totale del 45% di intervistati.
Generazione Z e operai si rivelano essere i più infelici, i meno soddisfatti e i più inclini a cambiare lavoro, con una massiccia concentrazione di queste caratteristiche nel Nord-ovest italiano, che vede il risultante 49% voler cambiare lavoro a fronte della media nazionale del 45%.
“Dalla nostra ricerca – spiega Formica – emerge chiaramente anche uno scollamento nel percepito dei lavoratori: se è vero per il 76% che il loro lavoro migliora l’azienda, non si registra invece reciprocità in termini di soddisfazione dei bisogni, che per il 35% non sono soddisfatti dal proprio lavoro. Man mano che viene data centralità al lavoratore, lo scollamento si fa ancor più esplicito: per il 41% il lavoro non dà un senso alla vita, per il 47% non aiuta a capire sé stessi”.
Secondo Formica “questo risulta tanto più evidente per determinati segmenti del campione: per quanto riguarda la felicità per la propria vita, quella per il proprio lavoro, la soddisfazione per il lavoro e l’uso sano e bilanciato della tecnologia il Nord-ovest risulta in tutti i casi più indietro di alcuni punti rispetto alla media nazionale, con un risultante 49% che vorrebbe cambiare lavoro a fronte della media nazionale del 45%. A livello generazionale è la Generazione Z quella più incline a cambiare lavoro, con un 60%, così come i colletti blu, con il 54%”.
Alla domanda “se tu oggi dovessi scegliere un nuovo posto di lavoro, quali aspetti considereresti più importanti?” le risposte vedono al primo posto per i lavoratori e le lavoratrici l’empowerment, che con un 30% contempla le opportunità per la crescita, il contenuto del lavoro, l’autonomia, le aspirazioni e l’attenzione alla salute mentale, sebbene su tutti gli aspetti sia in testa lo stipendio, che confluisce insieme al welfare nella compensation portandone l’incidenza al 24%. Tempo e work-life balance incidono per il 23%, mentre la comunità di lavoro, che contempla le persone, i valori e l’essere apprezzati, per il 20%. Solo il 3% ritiene importante il brand tra i fattori d’attrazione e retention.
“Tra gli aspetti che rendono maggiormente soddisfatti spicca il bilanciamento vita-lavoro – commenta Elga Corricelli, co-founder dell’Associazione Ricerca Felicità -, e anche in questo caso fa riflettere la posizione del Nord-ovest rispetto alla media nazionale, dove solo il 44%, a fronte del 48% in Italia, ritiene che si faccia un uso sano e bilanciato della tecnologia”.
La ricerca conferma come il lavoro incida sulla felicità della persona. Infatti, alla domanda “Se tu dovessi valutare quanto il tuo lavoro oggi incide sulla tua felicità complessiva, che peso gli daresti?” ha risposto molto e moltissimo il 51% degli intervistati. Soltanto un 15% ritiene che il lavoro non abbia impatto, mentre un restante 34% gli dà un peso relativo. Alla domanda “quanto ti senti felice del tuo lavoro?” solo il 10% ha risposto di esserlo pienamente.
“Se andiamo a osservare la felicità per il proprio lavoro vediamo le donne leggermente meno felici degli uomini con una media nazionale del 48% del genere femminile contro il 50% – osserva Elisabetta Dallavalle, Presidente dell’Associazione Ricerca Felicità -. La Generazione Z è quella più infelice del proprio lavoro con il 44%, a salire la Generazione X con il 46%, poi i boomer a un passo dalla pensione con il 50% e i millennial, che con il 55% sembrano i più felici del proprio lavoro. La classe operaia invece è la meno felice con una media del 44%”.