Porzionamento dei cibi, logistica ravvicinata, programmazione delle consegne e, fra poco, anche il riuso degli imballaggi. Sono gli ingredienti chiave della strategia per la lotta contro lo spreco alimentare adottata da Planeat, piattaforma di food delivery e Società Benefit che propone la spesa a spreco zero e che dal 2020 ha contribuito a salvare 52 tonnellate di cibo.
Fondata dall’imprenditore e fisico Nicola Lamberti, da marzo 2024, l’azienda intende sostituire progressivamente i contenitori riciclabili utilizzati (attualmente smaltibili nell’umido o nell’indifferenziato perché in Mater-Bi), con recipienti in plastica lavabili.
“L’impatto sull’ambiente in termini di spreco di acqua e di suolo è sicuramente inferiore se utilizziamo contenitori lavabili – spiega Lamberti – Per produrre 30 grammi di Mater-Bi, che è fatto di amido di mais e oli vegetali, ci vuole una enorme quantità di acqua. Ci vuole acqua per coltivare il mais, e per produrre gli oli, e altra acqua per il processo di lavorazione. Ovviamente un contenitore in Mater-Bi è infinitamente meglio di uno di plastica, ma comunque ha un water footprint di 100 litri. Al contrario, con quelli lavabili, l’acqua che utilizzeremo nel ciclo di lavaggio per un migliaio di recipienti sarà meno di un litro. Inoltre, eliminiamo alla base il problema dello smaltimento, evitando di intasare le discariche, occupare troppa terra, e consumare suolo e acqua”.
La proposta di Planeat si inserisce all’interno delle azioni virtuose che le aziende possono compiere per ridurre lo spreco alimentare ed essere maggiormente ecosostenibili. La prima settimana di febbraio è dedicata proprio a questi temi e in Italia culmina con la celebrazione, lunedì 5 febbraio, dell’11esima Giornata nazionale di Prevenzione dello spreco alimentare: un’occasione per politica, aziende e società civile per fare il bilancio sui progressi fatti finora e su quanto resta da fare. Gli obiettivi, come indicato dall’Agenda 2030, sono quelli di moltiplicare le buone pratiche quotidiane a partire dalla prevenzione e riduzione dello spreco nelle case, nella filiera di produzione, distribuzione e commercio del cibo, nella ristorazione, nelle mense, nei comportamenti e nelle abitudini di acquisto, gestione e conservazione.
Quest’anno, in particolare, la giornata sarà focalizzata sugli effetti della crisi economica, ambientale e sociale globale sullo spreco e sulle abitudini di acquisto. La crescente inflazione alimentare, i salari stagnanti, l’aumento dei costi della vita e degli affitti, uniti alle instabilità geopolitiche causate dalle guerre in zone chiave per la produzione di materie prime, determinano un contesto assai complesso e rischiano di minare anche i percorsi di sostenibilità.
Ad oggi, in Italia, i comportamenti dei consumatori sono ancora poco virtuosi: ogni anno finisce nella pattumiera una media di oltre 50 kg di cibo per abitante (67 Kg secondo Coldiretti, 65 Kg secondo Food Sustainability Index di Fondazione Barilla e 31 Kg secondo Ipsos), per una spesa di oltre 10 miliardi di euro l’anno. Il dato posiziona il nostro Paese tra i meno virtuosi in Europa; gli italiani, sembra siano più inclini a sprecare frutta, verdura e pane fresco, al Sud più che al Nord, nei comuni più piccoli rispetto alle grandi città e in famiglie senza figli.
Il regolamento sul packaging approvato lo scorso autunno dal Parlamento europeo pone per tutti gli operatori che fanno asporto di cibo o bevande l’obbligo di un 20% di riuso entro il 2030 per arrivare all’80% entro il 2040.