Realizzata da Ipsos e dal Network italiano del Global Compact delle Nazioni Unite (UNGC), è stata presentata ieri nel Padiglione Italia di COP28 di Dubai la nuova ricerca “L’impegno delle aziende italiane per il net-zero”. Dal rapporto emerge un poco confortante dato si tutti: soltanto un’impresa italiana su cinque dichiara di avere adottato un piano per contrastare il cambiamento climatico e appena il 17% ha fissato obiettivi di riduzione delle proprie emissioni di gas climalteranti.
“I dati della ricerca ci dicono che tra le aziende italiane c’è ancora molto da fare, il rapporto tra chi ha adottato un piano sul clima e chi non lo ha fatto è di uno a cinque, decisamente basso considerato il peso della nostra economia – sottolinea Marco Frey, Presidente UN Global Compact Network Italia –. Il ruolo del settore privato è cruciale, ma è necessario sviluppare e implementare iniziative di supporto che possano guidare le imprese nell’ambizioso percorso verso il net-zero. Dobbiamo lavorare da un lato per consolidare e accelerare i progressi delle aziende virtuose e dall’altro per coinvolgere le imprese che non hanno ancora affrontato la questione climatica”.
Daniela Bernacchi, Direttore Esecutivo UN Global Compact Network Italia, osserva come nel mondo aziendale esista comunque una forte consapevolezza del tema ambientale. Ma nonostante che l’88% delle imprese italiane riconosca che la sostenibilità dovrebbe orientare tutte le scelte aziendali, soltanto un’azienda su 10 afferma di avere “molto chiaro” il concetto stesso di sostenibilità. Secondo Bernacchi è “un limite che si traduce in una mancanza di iniziative sul clima”. Diversi sono invece “i riscontri pervenuti dalle aziende che fanno parte del Global Compact delle Nazioni Unite” e che “rivelano differenze significative rispetto all’universo di riferimento”.
Prendendo infatti in esame le sole risposte degli aderenti italiani a UNGC, il 64% di essi ha già definito un programma di contrasto al cambiamento climatico (contro una media nazionale del 22%) e otto aderenti su 10 calcolano le proprie emissioni (contro una media nazionale di un’impresa su dieci). “Una conferma – commenta in chiusura Bernacchi – di quanto sia importante la condivisione di questo percorso insieme ad altre imprese in una logica di rete. Il Global Compact ONU vuole essere proprio questo, uno strumento per pianificare obiettivi ambiziosi, facendo leva sulla forza del network per raggiungere anche le PMI”.
Un altro dato della ricerca che fa riflettere riguarda i possibili freni all’impegno ambientale delle nostre aziende. Per il 34% di esse i principali ostacoli sono quelli economici che non consentono di fare investimenti adeguati. Secondo il 27%, invece, i maggiori freni sono burocratici, mentre per un altro 27% a pesare è la mancanza di figure professionali competenti.
Su quest’ultimo aspetto la ricerca ha scoperto che nel 34% delle nostre imprese è oggi presente una persona o un team che si occupa di definire gli obiettivi di riduzione delle emissioni, mentre il 41% preferisce affidarsi a consulenti esterni.
Per quanto riguarda la conoscenza del tema ambientale, sono la moda, il food e quello delle utilities i settori dove si riscontrano i livelli più alti. Male invece l’industria delle costruzioni, settore particolarmente inquinante, dove le conoscenze risultano essere ancora piuttosto sommarie e poco diffuse. Automotive e utilities appaiono come i settori più consapevoli del valore in termini di competitività e reputazione dell’adozione di comportamenti sostenibili da parte delle aziende.
Il rapporto si apre con una prefazione del Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, Gilberto Pichetto Fratin.
“La transizione ecologica – scrive Pichetto Fratin – rappresenta un’opportunità unica per innovare il modo in cui facciamo impresa e creare nuovi posti di lavoro. (…) È compito del governo creare le condizioni affinché la transizione diventi concreta, realistica ed equa, consentendo all’imprenditoria italiana di esprimersi ai massimi livelli con il genio e la creatività che il mondo riconosce in essa”.