In materia di rispetto dei diritti umani, il 23 febbraio dello scorso anno l’Unione Europea ha introdotto la Corporate Sustainability Due Diligence Directive (CSDDD) o Supply Chain Act, una direttiva specifica sui doveri di sostenibilità delle aziende. La direttiva, programmata per il 2024, si applica a tutte le aziende dell’UE con almeno 500 dipendenti e un fatturato netto di almeno 150 milioni di euro. L’adempimento del regolamento, per questo gruppo di aziende, diventerà obbligatorio a partire dal 2026. Inoltre, le imprese con oltre 250 dipendenti e un fatturato netto superiore a 40 milioni di euro dovranno conformarsi alla legislazione dal 2028.
La CSDDD mira a monitorare e ridurre l’impatto sociale e ambientale delle aziende lungo la catena di approvvigionamento, coinvolgendo tutte le fasi di produzione e distribuzione. L’obiettivo è promuovere un’economia globale più equa e sostenibile, focalizzata sul rispetto dei diritti umani e sulla tutela dell’ambiente. Tuttavia, un’analisi recente condotta da MSCI ESG Research indica che molte aziende soggette alla CSDDD non rispettano pratiche fondamentali sui diritti umani.
Per contrastare questa mancata conformità, l’UE potrebbe introdurre sanzioni fino al 5% del fatturato annuo totale in caso di violazione dei diritti umani. In sintesi, la CSDDD richiede alle aziende di condurre la due diligence su diritti umani e sostenibilità ambientale, rispettando gli standard internazionali come i principi delle Nazioni Unite sulle imprese e i diritti umani e le linee guida dell’OCSE per le multinazionali.
Come già detto, le imprese con almeno 500 dipendenti e un fatturato netto di almeno 150 milioni di euro devono rendere conto dell’impatto della loro attività, evidenziando lo sviluppo di politiche sui diritti umani, il coinvolgimento degli stakeholder e i processi di reclamo e riparazione. La CSDDD ha identificato i settori minerario e agricolo come ad alto impatto, fornendo linee guida specifiche sulla due diligence. Secondo l’analisi MSCI, solo il 13% delle aziende in questi settori ha strumenti dedicati per monitorare l’efficacia delle proprie politiche sui diritti umani, mentre solo il 55% ha pratiche adeguate per mitigare gli impatti.
L’implementazione della Corporate Sustainability Due Diligence Directive (CSDDD) sui diritti umani richiede un impegno diretto e tangibile da parte delle imprese coinvolte nella sua applicazione. In questo contesto, i dati evidenziati dal rapporto di MSCI presentano una prospettiva tutt’altro che positiva. Analizzando gli elementi potenzialmente inclusi nell’MSCI ACWI IMI (All Country World Index Investable Market Index), uno dei più ampi indicatori di riferimento per il mercato azionario globale, emerge che soltanto il 14% delle aziende ha finora monitorato l’efficacia delle proprie politiche sui diritti umani e ha stabilito obiettivi in questo settore. In particolare, un quarto delle aziende soggette alla CSDDD è stato accusato di violazioni dei diritti umani negli ultimi tre anni, con il 4% di queste violazioni classificate come gravi o molto gravi. Tale quadro indica la necessità di un notevole progresso nel garantire il rispetto dei diritti umani e la necessità di un maggiore impegno da parte delle imprese nell’adottare misure concrete per conformarsi alla direttiva e mitigare gli impatti negativi lungo le catene di approvvigionamento.
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