Viviamo in un mondo in costante evoluzione e il settore alimentare, tra tutti, ne è il testimone più importante. Di recente, però, una nuova ondata di cambiamenti sta emergendo in maniera preponderante ed è portata avanti dalla Generazione Z. Questa generazione, composta da individui nati dal 1997 al 2012, sta influenzando in modo significativo il mercato alimentare, guidata da una parola chiave: consapevolezza.
Siamo quello che mangiamo, diceva Feuerbach nel 19esimo secolo per sottolineare la rilevanza delle abitudini alimentari di un individuo. Ecco, la Gen Z ha fatto suo questo concetto, trasformandolo in un trend di mercato. Ora, infatti, siamo non solo quello che mangiamo, ma anche come mangiamo, perché mangiamo, da dove proviene quello che mangiamo e come è fatto.
In sostanza, il settore alimentare è al cospetto di un’autentica rivoluzione paragonabile, almeno dal punto di vista giuridico, solo alla diffusione del morbo della mucca pazza (encefalopatia spongiforme bovina). Quali sono, dunque, i trend emergenti?
Ecco un tentativo di individuarli e riassumerli frutto del continuo confronto con imprese del settore impegnate nel disegnare il proprio futuro. Innanzitutto, c’è un forte desiderio di trasparenza. Le etichette degli alimenti non sono più un mero elenco di ingredienti, ma narrano la storia del prodotto, i valori dell’azienda, il processo di produzione, il rispetto per l’ambiente, e in alcuni casi, l’impegno per la biodiversità. La Gen Z richiede informazioni trasparenti, ingredienti che conosce, sui quali può avere informazioni approfondite, certificazioni che reputa affidabili e che consentono anche di acquistare prodotti rispondenti alle richieste in tempi brevi. Insomma, i più giovani chiedono che la catena di produzione sia il più possibile etica, sostenibile e rispettosa degli animali e ricercano queste informazioni al momento dell’acquisto.
Il trend dominante, dunque, è – ça va sans dire – la sostenibilità, anche sociale. La Gen Z è disposta a investire in alimenti di alta qualità, prodotti localmente, che rispettano le stagioni e la biodiversità. Il concetto di “chilometro zero” sta guadagnando terreno, come simbolo di un rinnovato legame con la natura, con i territori e le aree rurali, rilanciate ormai da anni anche dalle programmazioni UE. Per questo anche la GDO sta, lentamente, integrando campagne di comunicazione sui prodotti locali, ormai ampiamente segnalati nei punti vendita.
La relazione unica della Gen Z con la tecnologia ha portato all’emergere di una forte comunità online. I più giovani utilizzano i social media non solo per condividere le loro esperienze, ma anche per informarsi e fare scelte consapevoli. L’influenza dei “food influencer” è forte, così come l’uso di app di cucina e piattaforme di consegna a domicilio. Oltre a ciò, l’uso della tecnologia ha introdotto quella che possiamo definire come “instagrammabilità” del cibo. Un tempo si diceva che il cibo si mangia prima con gli occhi, oggi diciamo che è instagrammabile. A cambiare è la piattaforma e, di conseguenza, la possibilità di raggiungere una platea di utenti potenzialmente sconfinata tramite la condivisione. Un’opportunità da cogliere e assecondare.
Infine, c’è un crescente interesse per le diete personalizzate. I più giovani sono aperti a provare nuovi regimi alimentari, come quelli vegani, vegetariani o basati su proteine alternative (persino gli insetti). Riconoscono che la dieta può essere un potente strumento di auto-cura e intendono sfruttare al meglio questa opportunità.
C’è un tema, però, che sembra essere particolarmente rilevante: lo spreco alimentare. Secondo il rapporto Waste Watcher 2023, in Italia si sta buttando via meno cibo rispetto all’anno precedente. Anche qui, la Generazione Z sta facendo la sua parte. Dal recente studio “Sprechi alimentari, uso della tecnologia e orientamento ‘Green’: un focus sulla Gen Z”, condotto dal team scientifico dell’Università Lumsa, emerge che l’80% dei giovani ritiene immorale gettare via il cibo, mentre il 90% si dichiara pronto a mangiare oltre il dovuto pur di non gettare gli avanzi. Per quanto riguarda la programmazione della spesa settimanale, il 72% pianifica gli acquisti per evitare di comprare alimenti in eccesso.
Tuttavia, l’uso delle app per il “food sharing” è ancora relativamente basso e poco diffuso, specie fuori dalle aree metropolitane. Solo l’8% dei giovani dichiara di usarle costantemente. In questo senso molto popolare tra la Gen Z è la “cucina di recupero” che consente di utilizzare al meglio gli ingredienti disponibili, anche quelli che normalmente sarebbero scartati.
La Gen Z, insomma, sta davvero rivoluzionando il mercato agroalimentare con la sua consapevolezza, il suo interesse per la sostenibilità e l’etica, e la sua volontà di sperimentare e innovare. I produttori e i rivenditori di alimenti devono prendere atto di queste nuove tendenze se vogliono rimanere rilevanti in un mondo in costante evoluzione. L’era della consapevolezza alimentare è arrivata, e la Generazione Z ne è la protagonista. Il cambiamento non è solo inevitabile, ma anche necessario.
Una domanda, alla fine, sorge spontanea: come può questa rivoluzione conciliarsi con l’attività d’impresa? È evidente come la Gen Z stia aprendo nuovi orizzonti nel settore alimentare, spingendo le aziende a ripensare i loro processi produttivi, le loro strategie di marketing e le loro offerte di prodotti. La consapevolezza ambientale e il desiderio di sostenibilità stanno guidando il cambiamento, con la richiesta di ingredienti di origine etica, metodi di produzione eco-sostenibili e packaging ecologici. La risposta è, ad essere onesto, la più semplice: programmazione. Le aziende devono, ora, cominciare a programmare un futuro diverso, metodi produttivi più sostenibili, filiere controllate, economia circolare, salubrità dei prodotti. Occorre agire perché queste idee non sono più una lontana possibilità ma rappresentano i driver di scelta dei consumatori del prossimo futuro. Insomma, una questione di sopravvivenza più che di visione.