“L’assorbimento dell’acqua durante la lessatura è un processo fondamentale in cucina, particolarmente quando si cuociono alimenti come pasta, riso, legumi o verdure. Questo processo coinvolge il passaggio di acqua attraverso le pareti cellulari o le superfici degli alimenti mentre sono immersi in acqua bollente. L’acqua penetrando negli alimenti può trasferire i PFAS che la contaminano e contribuire alla contaminazione dei cibi cucinati”.
È quanto si legge in un recente studio condotto da Greenpeace Italia e l’Istituto di Ricerca sulle Acque del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR-Irsa), che indaga la presenza di sostanze per- e polifluoroalchiliche (PFAS) in frutta e ortaggi coltivati in ambito domestico su un suolo di storica contaminazione e irrigati con acqua contaminata e in alimenti cucinati con acqua contaminata.
I PFAS sono “sostanze chimiche permanenti”, in quanto sono estremamente persistenti nel nostro ambiente e organismo. Possono avere effetti negativi sulla salute come danni al fegato, malattie della tiroide, obesità, problemi di fertilità e cancro e si trovano ormai dappertutto: dalle pentole antiaderenti, a indumenti e scarpe impermeabili, fino ad alcuni imballaggi alimentari, pesticidi e acque del rubinetto.

Nel rapporto tecnico appena realizzato con il CNR, Greenpeace, che da anni si sta impegnando per chiedere al governo italiano di mettere al bando i PFAS con una legge che ne vieti la produzione e l’utilizzo in tutta Italia, avverte che diversi alimenti comuni, tra cui pasta, riso, carote, patate e manzo, se cotti in acqua contaminata da PFAS, possono accumulare livelli significativi di questi inquinanti.
Uno degli aspetti più preoccupanti evidenziati nello studio è il fatto che la presenza di PFAS negli alimenti cotti può essere decine di volte superiore rispetto agli alimenti crudi. In esperimenti condotti dai ricercatori, sono stati lessati campioni di vari alimenti in acqua contaminata proveniente da una famiglia di Vicenza (zona nota per essere altamente contaminata dai PFAS) e che ha utilizzato questa acqua per decenni. I risultati hanno rivelato che, a causa dell’evaporazione, la concentrazione di PFAS nell’acqua di cottura aumenta con il prolungamento del tempo di ebollizione. Questo smentisce il mito comune secondo il quale bollire gli alimenti ridurrebbe la presenza di inquinanti. In particolare, la presenza di PFAS nei cibi cotti varia in base al tipo di alimento, con pasta e riso che mostrano i livelli più elevati, seguiti da patate, carote e manzo.
Il rapporto si basa su un approccio che tiene conto di tutti i PFAS, non solo dei quattro principali indicati dall’Agenzia europea per la sicurezza alimentare (EFSA). L’EFSA aveva stabilito una soglia di sicurezza settimanale di 4,4 nanogrammi per chilo di peso corporeo per questi quattro composti, ma i risultati dello studio indicano chiaramente che la cottura di alimenti in acqua contaminata può contribuire significativamente a superare queste soglie. I ricercatori avvertono che, anche se lo studio è stato condotto su un numero limitato di campioni e con acqua altamente contaminata, l’esposizione della popolazione ai PFAS attraverso la cottura dei cibi potrebbe essere stata finora sottostimata.
Sara Valsecchi, ricercatrice del CNR-Irsa, sottolinea che il rapporto indica chiaramente come la cottura di alimenti in acqua contaminata possa diventare una fonte rilevante di PFAS nella dieta umana. Anche una sola porzione di cibi cotti in acqua contaminata può contribuire in modo significativo a superare le soglie di assunzione considerate sicure per la salute umana.
“Questa ricerca evidenzia che l’esposizione della popolazione ai PFAS è stata finora sottostimata e che molte persone, non solo in Veneto ma anche in altre regioni italiane come Piemonte e Lombardia dove è stata scoperta la presenza di questi pericolosi inquinanti nell’acqua, possono essere esposte a contaminazione anche attraverso la cottura dei cibi”, spiega il responsabile della campagna inquinamento di Greenpeace Italia, Giuseppe Ungherese. “Per tutelare efficacemente la collettività, oltre a erogare alla popolazione acqua pulita e priva di PFAS, sono necessari provvedimenti non più rinviabili come il divieto dell’uso e la produzione di queste pericolose sostanze sull’intero territorio nazionale”.