È stata presentata recentemente l’indagine condotta dagli studenti del corso “Corporate governance e scenari di settore delle imprese” dell’Università degli Studi Roma Tre, sotto la guida del Professor Mauro Paoloni, della Professoressa Giorgia Mattei e dell’Assegnista di Ricerca Valentina Santolamazza. Lo studio, focalizzato sull’analisi delle relazioni di impatto pubblicate dalle Società Benefit fino al 2021, aveva come obiettivo di fotografare lo stato dell’arte della pubblicazione dei report di impatto e di evidenziare le aree di miglioramento attraverso un confronto con tre Società Benefit e B Corp associate ad Assobenefit: operàri, Bottega Filosofica e noi di Mediatyche.
I dati emersi dalla ricerca sono significativi e rivelano ampi margini di miglioramento. Su 521 aziende presenti nell’elenco delle Società Benefit all’11 novembre 2022, oltre il 20% è stato escluso perché in liquidazione o privo di sito web. Tra le società rimanenti, la maggior parte non ha pubblicato la relazione d’impatto, elemento centrale per valutare la sostenibilità e la responsabilità sociale delle aziende. Solo il 36,87% delle 415 società analizzate ha adempiuto a tale obbligo nel 2021, mentre il restante 63,13% non ha presentato alcun documento. Questi risultati mettono in luce la necessità di promuovere una maggiore consapevolezza e adesione agli obblighi di legge da parte delle Società Benefit per garantire un’effettiva trasparenza e un impatto positivo sulla società.
Per quanto riguarda la metodologia, l’analisi rivela che il 70,59% delle aziende ha adottato il BIA (B Impact Assessment), talvolta in combinazione con altre metodologie, e il 13,07% ha scelto di seguire gli standard GRI (Global Reporting Initiative Standards). Mentre il 3,92% ha utilizzato il SABI (Strumento di Autovalutazione della Buona Impresa) e l’1,31% la Matrice del Bene Comune. È importante invece evidenziare che l’11,11% ha adottato altri approcci, alcuni dei quali presentano carenze sia nella copertura delle aree analizzate, sia nella quantificazione degli obiettivi e delle performance realizzate.
Entrando nel merito della pubblicazione emerge una differenza di approccio tra le Società Benefit nella scelta dell’area di pubblicazione della relazione d’impatto all’interno del proprio sito web. In particolare, il 45,10% delle imprese (69 su 153) opta per collocare la relazione in una sezione poco intuitiva per gli stakeholder esterni, e dunque rende difficile il reperimento del documento a soggetti esterni all’azienda. Nel 29,41% dei casi, la relazione è stata pubblicata in una sezione generalmente dedicata alla comunicazione con gli stakeholder esterni, come ad esempio le sezioni “Governance” o “Sostenibilità”. Mentre il restante 25,49% preferisce creare una sezione specificatamente dedicata per evidenziare la propria natura di Benefit e includere lì il documento.
La Professoressa Giorgia Mattei commenta così i risultati generali della ricerca: «Certamente la mancata indicazione della sezione in cui pubblicare la relazione di impatto non è di ausilio agli stakeholder nel trovare le informazioni e, dunque, l’accountability è limitata. Inoltre, un così variegato range di approcci possibili da utilizzare nella redazione della relazione, non agevola la comprensione delle azioni delle singole aziende e non aiuta la comparabilità spaziale del documento. Dai risultati sopraesposti, è possibile notare come per alcune realtà, la redazione della relazione di impatto costituisca ancora un mero adempimento – tra l’altro non sempre atteso – piuttosto che un momento di confronto con gli stakeholder. In questo senso, le associazioni di categoria, unitamente all’accademia e alle virtuose realtà che compongono il mondo delle Società Benefit, devono farsi promotrici di questo cambiamento di visione, al fine di permettere alla totalità delle Società Benefit di assolvere un ruolo di trait d’union tra il fare impresa e le nuove esigenze di sostenibilità».
Affrontando il tema da diverse prospettive, le tre Società Benefit chiamate a testimoniare hanno offerto un prezioso contribuito identificando i punti chiave a cui prestare attenzione nella stesura della relazione d’impatto:
Alessandra Barlini, amministratrice di operàri Società Benefit e B Corp, si è soffermata sui risultati emersi dall’analisi dei contenuti delle relazioni d’impatto e commenta: «Penso sia necessario andare oltre il racconto delle azioni e delle attività svolte nell’anno, la relazione d’impatto è infatti un racconto di obiettivi, delle azioni poste in essere per raggiungerli e dei risultati conseguiti o dei motivi del mancato raggiungimento. Ciò, a sua volta, attiva per l’anno successivo un circolo virtuoso di nuovi obiettivi – azioni – risultati: non c’è impatto senza obiettivi e misurazione; altrimenti ci sono solo belle azioni dove ti fotografi dalla parte giusta del viso e con la luce migliore».
Myriam Ines Giangiacomo, founder e CEO di Bottega Filosofica, Società Benefit e B Corp che si occupa di innovazione organizzativa e sociale e di trasformazione culturale, ha invitato invece a «guardare alla Relazione di Impatto come l’occasione migliore per una società benefit di mostrare la propria “anima” e di costruire, intorno a una visione, coesione con di tutti gli attori del suo ecosistema, stakeholder interni ed esterni. Coerenza nell’attuazione dei propri obiettivi di beneficio comune e trasparenza nel narrarsi danno, così, sostanza alla scelta di essere una “buona impresa”. Un’impresa che si pone e riconosce come attrice sociale primaria capace di tenere in equilibrio dinamico gli interessi di tutti e di generare valore di lungo periodo per l’intero sistema e non solo per sé».
E per quanto riguarda noi di Mediatyche, Elena Rabaglio, Co-Founder di Mediatyche SB si è espressa sull’importanza della comunicazione: «Quando si parla di sostenibilità, la comunicazione diventa cruciale perché contribuisce a diffondere la cultura dell’azienda sia all’interno che all’esterno, aumentando o meno il coinvolgimento degli stakeholder. Inoltre una scelta comunicativa piuttosto che un’altra ha un impatto sulla reputazione aziendale e, quindi, sul vantaggio competitivo del brand stesso. Penso che la figura del comunicatore debba essere contemplata sempre all’interno di un Comitato Sostenibilità. Non è un caso che il 44% delle imprese intervistate all’interno del nostro Osservatorio Comunicazione & Sostenibilità 2021 non sia soddisfatto di come è gestita la comunicazione delle proprie performance economiche, ambientali e sociali».
Per concludere, un contributo importante sull’importanza di educare le aziende alla trasparenza e a mantenere un impegno, viene dalle associazioni, che sono preziosissime per offrire supporto, risorse, formazione e networking; solo così è possibile creare un’economia più consapevole e orientata al bene comune. A tal proposito Massimiliano Pontillo, Responsabile Relazioni Istituzionali di Assobenefit, aggiunge: «La legge istitutiva delle Società Benefit in Italia ha voluto innovare il concetto stesso di impresa, impegnando statutariamente la governance a perseguire non solo il “tradizionale” obiettivo del profitto ma anche quello del beneficio comune; in una gestione più allargata e responsabile che, oltre a misurare il valore economico prodotto, valuti l’impatto virtuoso operato sul territorio, gli stakeholder e l’ambiente. Con questo assetto, l’obbligatoria relazione di impatto annuale diventa uno strumento per rendicontare ma anche per comunicare in maniera trasparente la propria identità ed essenza, non puntando solo e tanto a mostrare le performance ottenute, quanto piuttosto a dare espressione al modo in cui autenticamente è concepita e perseguita la sostenibilità. In questo scenario le SB possono trovare in Assobenefit uno spazio di rappresentanza, indirizzo, incontro, condivisione, ricerca, ma anche di crescita di un business migliore per il Pianeta».