Ascensore fuori uso
L’ascensore si è fermato. L’ascensore sociale che per anni, nel ventesimo secolo, ha traghettato – novello Caronte – persone di varie estrazioni sociali da una sponda all’altra del fiume Acheronte delle disuguaglianze e delle opportunità si è fermato. Impantanato tra mille ingranaggi difettosi.
Il problema più grande, forse, è che non esiste un colpevole solo, ovvero un casus belli ben preciso (come il proiettile di Gavrilo Princip nell’innesco del primo conflitto mondiale). Perché qui il mosaico s’infittisce e siamo di fronte, per continuare sulla falsariga narrativa, a una serie di eventi più simili all’Assassinio sull’Orient Express – dove (spoiler) i colpevoli sono praticamente tutti gli indiziati a bordo del treno.
Dalla colonizzazione della finanza, che ha dismesso i legami col lavoro reale e ha abbracciato a piene mani la speculazione derivativa, alla tokenizzazione dell’esistenza, già preconizzata da André Gorz ne L’immateriale (2003) all’alba del terzo millennio e poi palesatasi con precisione nei rivoli immersivi del web3 e i suoi metaversi illusori. E ancora, dalla perdita del senso del reale, diluito nella precessione dei simulacri della realtà, alla performance in diretta streaming come unico modus vivendi per predatori e cacciatori di approvazione sociamediale.
Lavoro agile e lavoro fragile
Il lavoro è fr-agile, e probabilmente si è rotto. O l’abbiamo rotto noi.
Scoppiato in mille pezzi come lo specchio dell’identità del XX secolo, andata in frantumi al capezzale degli anni ‘70 – il decennio che ha visto imporsi, da un lato, la critica accademica al modello di sviluppo capitalista e consumista e, dall’altro, il primo grande shock energetico (dal dopoguerra), quello petrolifero, del mondo occidentale contemporaneo – con conseguente rimescolamento delle carte socio-politiche occidentali.
In questa partita iper-complessa la carta vincente può essere – deve essere – la carta del digitale: pensato, progettato e utilizzato come leva per aumentare accessibilità a lavori dignitosi, per abilitare e informare competenze nuove, per innervare di proposte diversificate un’educazione che sarà sempre più on demand.
Un linguaggio universale, un esperanto a sorpresa. Uno strumento fondamentale per avallare le transizioni – energetiche, comunitarie, ecologiche – che potrebbero permetterci di raggiungere un sano equilibrio nelle modalità di abitare il pianeta Terra, l’unico vero condominio globale in cui viviamo.
In questo senso Milano Digital Week ha sottolineato anche quest’anno la necessità di attivare una riflessione corale, bottom-up, sul ruolo del digitale per immaginare nuovi modi di svilupparsi e vivere insieme, dentro limiti ormai cogenti e sotto gli occhi di tutti.
Per costruire nuovi mondi e possibilità, contro la glorificazione dell’innovazione fine a sé stessa, e supposti miti di distruzione creatrice à la Schumpeter, in un contesto storico-culturale come quello italiano dove non c’è ancora troppo spazio per gli unicorni, ma che può invece fare la differenza sfruttando il suo florido ecosistema di PMI, le vere start up del nostro mondo; così come riflettendo su modelli alternativi rispetto ai peana della creatività sprovvista di timoni o palafrenieri che, sebbene affascinante, hanno perso senza diritto di replica la partita con la Storia. Almeno finora.
Formazione on demand
Dentro questo mosaico di complessità giace altresì la mancata formazione di figure professionali adeguate, in un mercato paradossalmente magmatico e in perenne fermentazione. Le università cercano di intraprendere un percorso di profonda trasformazione e allineamento alle necessità contingenti, quando non perdono tempo prezioso dentro arroccati scetticismi verso i nuovi sentieri della formazione on demand, mentre i reticoli delle università telematiche corrono verso le numerose richieste di studenti che non prediligono più le grandi metropoli o città piattaforma, con costi insostenibili per loro e le loro famiglie, preferendo centri urbani meno dispersivi, sfruttando le possibilità di flessibilità e remote/south working che il lavoro “fr-agile” offre loro.