Oggi celebriamo la Giornata Mondiale del Cibo in un altro mondo, rispetto a quello di quarantaquattro anni fa, quando nel 1979 è stata ufficialmente istituita La Giornata Mondiale dell’Alimentazione (World Food Day), durante la 20ª Conferenza della FAO. A marzo, l’IPCC ha lanciato un allarme, dichiarando che le attività umane stanno inequivocabilmente provocando il riscaldamento globale, innescando cambiamenti rapidi e irreversibili, con conseguenze devastanti per il nostro approvvigionamento alimentare.
Come ha rilevato il Copernicus Climate Change Service – e come noi stessi abbiamo potuto appurare – settembre 2023 è stato il mese più caldo mai registrato, con un aumento di 0,93°C rispetto alla media del periodo 1991-2020. L’Organizzazione meteorologica mondiale (OMM) delle Nazioni Unite ci ha poi già avvertito: nei prossimi cinque anni si potrebbe superare la soglia critica di +1,5°C.
I cambiamenti climatici si stanno drammaticamente riversando sulla produzione alimentare. Perché, nonostante sia complessivamente aumentata, il riscaldamento climatico ha rallentato la crescita complessiva della produttività agricola, incidendo negativamente sui raccolti e sulle rese delle colture, soprattutto nelle regioni a medie e basse latitudini. In questa Giornata Mondiale dell’alimentazione, dedicata alla necessità di preservare le risorse idriche del pianeta, non possiamo poi non considerare che l’agricoltura consuma il 72% dell’acqua potabile mondiale. E che, quindi, alla carenza di cibo (per una popolazione in progressiva crescita) si affianca la scarsità di acqua, irresponsabilmente dissipata. Se a ciò si aggiunge che il riscaldamento degli oceani ha contribuito a una diminuzione complessiva del potenziale massimo di cattura, aggravando gli impatti del sovrasfruttamento di alcuni stock ittici e incidendo negativamente sulla produzione alimentare dell’acquacoltura e della pesca dei molluschi in alcune regioni oceaniche, è chiaro che la compromissione dell’intero approvvigionamento alimentare globale è davvero a rischio. L’emergenza sta ricadendo direttamente sulla sicurezza alimentare globale: per le drammatiche conseguenze sulla disponibilità e sull’accesso al cibo, per l’aumento dei prezzi degli alimenti – ulteriormente in crescita a causa dei conflitti in corso – e per la frequenza e la diffusione di malattie alimentari e ambientali, con conseguente incremento della mortalità.
Ci troviamo, dunque, in un momento storicamente ineguagliabile, segnato dalle profonde ferite di una pandemia globale e dalla cruda brutalità di guerre disumane. In tempi così turbolenti, dobbiamo tenere a mente la saggezza di una decisione presa dalle Nazioni Unite nel 1969: istituire un’agenzia dedicata all’alimentazione e all’agricoltura, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura, la FAO. Fin dall’inizio, l’ONU ha riconosciuto con fermezza che il cibo, la lotta alla fame e il sostegno all’agricoltura sono i pilastri essenziali per il benessere dell’umanità e per il perseguimento di un mondo più equo, pacifico e sostenibile. E oggi, più che mai, dobbiamo farlo anche noi. Perché oggi, più che mai, comprendiamo l’urgenza non solo dell’azione politica, ma anche dell’impegno a livello di comunità nel riformare le nostre abitudini alimentari, i modelli di distribuzione e i metodi di produzione. Questi sforzi di trasformazione sono la chiave per costruire un pianeta più sano, in grado di resistere alle molteplici sfide che stanno lacerando il nostro presente. È imperativo un cambiamento profondo nei nostri sistemi alimentari, che comprenda una rigenerazione integrale e una più ampia consapevolezza del ruolo del cibo nel plasmare il nostro futuro.
Non solo oggi, ma sempre, dobbiamo considerare che il cibo è tutto: il cibo è vita, il cibo è guarigione, il cibo è benessere. Il cibo è longevità, è prosperità, è fertilità: per noi e per il pianeta. Queste parole, che spesso aprono i miei discorsi, sono i tasselli mancanti per una rigenerazione ecologica integrale. Perché – io ne sono convinta – tutto parte da qui: dalla consapevolezza su quanto il cibo può e deve essere il motore tramite cui rigenerare il mondo.