A partire da oggi, giovedì 12 ottobre e fino a domenica 15 ottobre, i delegati e le delegate dei principali movimenti di giustizia climatica della Terra si riuniranno a Milano, nei chiostri dell’Università degli Studi di Milano e negli spazi dello spazio pubblico autogestito Leoncavallo, in occasione del “World Congress for Climate Justice”.
L’iniziativa è frutto del lavoro del comitato organizzativo composto da Ecologia Politica, Institute of Radical Imagination, XR, Fridays for Future, Ultima Generazione, Comitato Acqua, Our Voice, oltre che spazi sociali, collettivi studenteschi e singoli attivisti che si riuniscono periodicamente a Piano Terra, spazio occupato del quartiere Isola di Milano.
Come spiega in una nota Extinction Rebellion, l’obiettivo del congresso è quello di trovare strategie comuni tra i vari gruppi di climattivisti nel mondo nel tentativo di contrastare il capitalismo fossile, in un momento in cui l’azione degli attivisti viene resa ancora più difficile dai provvedimenti dei governi.
“La risposta dei governi è stata inasprire la repressione nei confronti degli attivisti: per stare in Europa, gli esempi più recenti sono la legge del governo Meloni che prevede fino a 60.000 euro di multa e carcere per gli ecoattivisti e l’eclatante tentativo di sciogliere Soulevements de la Terre in Francia”, si legge nella nota di Extinction Rebellion. “Ma anche la morte di Manuel Esteban Paez Teràn, attivista di 26 anni, ucciso da un poliziotto mentre difendeva la Weelaunee Forest, il polmone verde di Atlanta, in Georgia. Negli ultimi dieci anni sono stati più di 1700 gli attivisti per l’ambiente uccisi. E ora la prospettiva a livello istituzionale è una Cop28 che si terrà a Dubai, letteralmente nella tana del lupo fossile, presieduta dal direttore generale della principale agenzia petrolifera degli Emirati Arabi Uniti (ADNOC). È stato con questo caldo, con questa rabbia e con questo desiderio di rovesciare priorità, poteri e valori malati che abbiamo raccolto l’urgenza di riunire attivisti dell’ecologismo radicale da tutto il mondo per guardarci in faccia, confrontarci, raccontarci storie di territori e di lotte vicine e lontane e trovare insieme strategie comuni”.
È questo lo spirito combattivo con cui si si apre oggi il congresso mondiale per la giustizia climatica: dopo la conferenza stampa di giovedì 12 ottobre alle 11.00 presso la Casa della Cultura di Milano, nel pomeriggio si terranno workshop di arte ecoattivista nei chiostri dell’Università Statale e contemporaneamente l’assemblea europea di Stay Grounded European Network.
Il venerdì sarà il giorno dei seminari aperti. Si discuterà di giustizia climatica, deforestazione, patriarcato, discriminazioni, neo-colonialismo. Parleranno collettivi provenienti dall’Uganda, dal Messico, dal Brasile, dall’Ecuador, da tutto il mondo, e poi dall’Europa, dall’Italia, da Milano.
Sabato 14 sarà la giornata delle assemblee tematiche. I circa 200 delegati discuteranno i principali temi dell’anticapitalismo verde, cercheranno parole d’ordine, tattiche e strategie. Esponenti dei maggiori movimenti (FFF, XR, UG, Ende Gelaende etc) si confronteranno su modelli di rivolta climatica e opportunità per costruire un fronte comune contro il capitale fossile e la repressione. Si cercheranno sintesi politiche fra le grandi correnti dell’anticapitalismo verde come Ecologia sociale, Eco-marxismo e Anarco-ecologismo. Si discuterà di ecotransfemminismo e strategie climatiche intersezionali; si affronterà il tema dell’agroecologia mettendo in comunicazioni esperienze che vano da Urupia o Mondeggi in Puglia e Toscana a Via Campesina e CGLTE-OA in America Latina e Africa Occidentale. Si parlerà di rifugiati climatici e razzismo istituzionale.
Una delle parole chiave del congresso è “intersezionalità”, che come spiega uno dei principali promotori, l’attivista e saggista Alex Foti, fa riferimento all’azione di “interconnettere le varie forme di discriminazione e sfruttamento e le identità e le soggettività che le subiscono e si rivoltano ad esse. Nella pratica questo ha voluto dire fare un congresso dove ci fosse parità di genere nei panel e fra delegati e delegate, dove l’impronta postcoloniale fosse evidente e fossero invitati movimenti dal Sud del mondo e che l’ecotransfemminismo avesse un ruolo importante nel programma”.
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