Oltre 380 milioni di donne e ragazze, corrispondenti all’8% della popolazione femminile globale, affronteranno condizioni di povertà entro il 2030 se non si interviene immediatamente per ridurre il divario di genere. A lanciare l’allarme è l’Agenzia delle Nazioni Unite per l’uguaglianza di genere nel suo nuovo rapporto “Gender Snapshot 2022″, che analizza la disparità tra uomini e donne nei 17 obiettivi stabiliti nell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite.
Uno dei primi aspetti evidenziati riguarda la povertà, che colpisce in misura maggiore le donne rispetto agli uomini. Attualmente, più di 380 milioni di ragazze e donne vivono con meno di 1,90 dollari al giorno. La situazione è particolarmente critica nell’Africa subsahariana, dove si trova il 62,8% delle donne in povertà estrema, seguita dall’Asia centrale e meridionale, dove una donna su cinque vive in povertà estrema (21,4%).
La pandemia di Covid-19 ha ampliato il divario di genere in tutti gli aspetti della vita individuale e sociale, provocando un aumento della povertà soprattutto tra le donne. La percentuale di donne che vivevano con meno di 1,90 dollari al giorno era scesa dal 11,2% nel 2013 all’8,6% nel 2018, ma la pandemia ha interrotto questo progresso, portando il tasso di povertà vicino al 9% nel 2022. Alla fine del 2022, circa 383 milioni di donne e ragazze vivevano in povertà estrema, rispetto a 368 milioni di uomini e ragazzi.
La situazione diventa ancora più grave se si considera un piccolo aumento nella soglia dei redditi: nel 2022, 938 milioni di donne e ragazze hanno vissuto con meno di 3,20 dollari al giorno, mentre 1,7 miliardi di donne hanno vissuto con meno di 5,50 dollari al giorno. Molte di queste donne non hanno accesso a servizi essenziali come acqua potabile e combustibile per la cottura, il che alimenta ulteriori disuguaglianze di genere poiché le donne dedicano più tempo al lavoro non retribuito di cura e alle faccende domestiche.
Si prevede che la prossima generazione di donne continuerà a dedicare tra due e tre ore in più al giorno alle attività di cura non retribuite rispetto agli uomini, con un focus particolare sulle delicate attività di assistenza ai bambini più piccoli, come il bagnetto, l’alimentazione e il cambio dei pannolini. Queste attività sono svolte molto più frequentemente dalle donne, con il 49% delle donne che vive con un partner che si assume la responsabilità primaria di queste attività, rispetto al 6% degli uomini (dati European Institute for Gender Equality – Eige).
La povertà è strettamente collegata alla fame e all’insicurezza alimentare, che sono peggiorate a causa della pandemia di Covid-19 e del conflitto in Ucraina. Il rapporto evidenzia che quasi una donna su quattro è a rischio di insicurezza alimentare moderata o grave, e il divario di genere in questo ambito sta aumentando negli ultimi anni. Durante la pandemia, l’insicurezza alimentare moderata o grave tra le donne adulte è aumentata dal 27,5% nel 2019 al 31,9% nel 2021, mentre tra gli uomini è passata dal 25,7% al 27,6%, ampliando il divario di genere da 1,8 a 4,3 punti percentuali. I problemi legati all’alimentazione determinano malattie, inclusa l’anemia, con quasi una donna su tre in età riproduttiva colpita da questa condizione nel 2019.
Le restrizioni legali in alcuni Paesi limitano l’accesso delle donne a cure sicure per la salute sessuale e riproduttiva, con oltre 1,2 miliardi di donne e ragazze che vivono in aree con queste restrizioni. Il Covid-19 e i conflitti stanno ampliando il divario di genere anche in termini di istruzione, con più della metà delle quasi 130 milioni di ragazze non iscritte all’istruzione formale nel mondo che risiedono in Paesi colpiti da crisi. In Afghanistan, ad esempio, alle ragazze non è più permesso frequentare la scuola secondaria.
Anche l’occupazione delle donne è stata gravemente colpita dalla pandemia, con un calo dal 39,4% del 2019 al 21% nel 2020. Il gap salariale tra uomini e donne è evidente, con le donne che guadagnano soltanto 51 centesimi per ogni dollaro guadagnato dagli uomini nel 2022. Solo il 26,4% dei seggi parlamentari a livello globale è occupato da donne, e solo 47 dei 151 paesi e aree con dati disponibili hanno superato il 40% di rappresentanza femminile.
La parità di genere – avverte l’Agenzia delle Nazioni Unite – non sarà raggiunta prima di almeno 140 anni ai tassi attuali, mentre l’obiettivo di eliminare le discriminazioni di genere entro il 2030 rimane un traguardo difficile da raggiungere senza investimenti significativi da parte degli Stati e degli enti sovranazionali.
“L’uguaglianza di genere – ha commentato Maria Francesca Spatolisano, che dirige il coordinamento delle politiche presso il dipartimento per gli affari economici e sociali delle Nazioni Unite – non è solo un obiettivo dell’Agenda 2030. È il fondamento stesso di una società giusta e l’obiettivo base di tutti gli altri. Solo abbattendo le barriere che hanno ostacolato la piena partecipazione delle donne e delle ragazze in ogni aspetto della società, si può liberare il potenziale che fino a oggi non è stato sfruttato e si può spingere verso il progresso e la prosperità di tutti”.