La micromobilità elettrica potrebbe svolgere un ruolo significativo negli spostamenti a Roma, coprendo fino al 20% dei viaggi effettuati in auto privata durante i giorni feriali.
È questa la conclusione di un’indagine condotta dall’ENEA in collaborazione con le università “Roma Tre” e “Roma Tor Vergata”, che ha monitorato 240.000 autovetture e un totale di 9 milioni di spostamenti. L’obiettivo dello studio era identificare i viaggi in auto che potrebbero essere trasferiti a forme alternative di micromobilità elettrica.
“La nostra indagine puntava a identificare i viaggi in automobile ‘trasferibili’ verso nuove forme di micromobilità elettrica”, afferma Carlo Liberto, ricercatore del Laboratorio ENEA Sistemi e Tecnologie per la Mobilità Sostenibile. “Siamo partiti fissando due soglie di distanza massima percorribile dai mezzi elettrici, 6 chilometri per le bici e 3 chilometri per i monopattini, tenendo conto delle caratteristiche delle infrastrutture, dell’accessibilità e dei costi dei servizi di sharing, presenti nelle diverse zone della città. Si è considerato che saranno più inclini ad adottare soluzioni di micromobilità elettrica quegli utenti che si muovono in zone con una prevalenza di piste ciclabili o di strade a velocità ridotta, laddove la percezione di sicurezza è maggiore”, aggiunge Liberto.
Gli studiosi hanno sviluppato un nuovo indice chiamato Micromobility Compatibility Index (MCI), che valuta la compatibilità potenziale delle infrastrutture stradali con i mezzi di micromobilità, come e-bike e monopattini, in circa 1.400 zone dell’area metropolitana di Roma. L’indice ha rivelato che Roma ha un buon potenziale per lo sviluppo della mobilità alternativa, anche se sono state riscontrate differenze significative tra diverse aree della città, con alcune zone che presentano una mancanza di infrastrutture stradali a supporto della mobilità attiva, mentre altre sono caratterizzate da ampie aree verdi con percorsi pedonali e ciclabili.
Quando si considera l’opzione di combinare l’uso del monopattino elettrico con i mezzi di trasporto pubblici, si osservano le percentuali più elevate di domanda potenziale di micromobilità lungo le linee B1 e C della metropolitana.
“Questi risultati potrebbero essere utili a un fornitore di servizi di micromobilità condivisa per valutare meglio in quali aree della città e, persino, presso quali fermate della metropolitana proporre il servizio di biciclette e monopattini elettrici. Di contro, l’amministrazione avrebbe a disposizione una mappa con le aree dove sarebbero più necessari interventi infrastrutturali per offrire ai cittadini la possibilità di utilizzare altre forme di mobilità più rispettose della sostenibilità e della vivibilità cittadina”, sottolinea Francesco Vellucci, responsabile del Laboratorio ENEA Sistemi e Tecnologie per la Mobilità Sostenibile.
L’approccio metodologico utilizzato permette di replicare lo studio per tutte le città che dispongono di banche dati su mobilità individuale, infrastrutture viarie e servizi di trasporti, identificando le aree urbane a maggiore potenziale di sviluppo della micromobilità. “Per stime più accurate sul mercato potenziale sarà necessario organizzare indagini campionarie più specificatamente articolate su fattori e caratteristiche personali dell’utente come, ad esempio, età, genere, reddito, attitudine a comportamenti ‘green’, esigenze di mobilità e stile di vita”, aggiunge Vellucci. “In Italia – conclude – il 32% degli spostamenti viene effettuato con micromobilità e mobilità attiva: certamente non possono sostituire completamente il mezzo privato in tutte le situazioni, ma possono diventare un alleato del trasporto pubblico nel contenimento del traffico cittadino, dell’inquinamento e nel miglioramento della qualità di vita”.