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13/03/2023

Aria nuova in ufficio: Kopernicana ridefinisce le regole del lavorare

Via: di Michela Dell'Amico

©iStock

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«Non si capisce perché quando due persone adulte si relazionano dentro a un ufficio, il rapporto tra dirigente e dipendente debba improvvisamente trasformarsi e apparire più simile a quello tra un adulto e un bambino, dove il primo si sente in dovere di controllare, dirigere e guidare il lavoro del secondo».
Francesco Frugiuele, 25 anni di attività manageriale come CEO & Executive in imprese e start-up con una vasta esperienza internazionale (Stati Uniti, Brasile, Sud Africa), ha fondato Kopernicana spinto da un’intuizione: quanta soddisfazione, quanta ricchezza e quanto potenziale benessere stiamo buttando via con questo vecchio sistema, assieme a profitti per forza di cose ridotti, in aziende che trattano i dipendenti come ragazzini?
Kopernicana è una società di consulenza specializzata a diffondere un modo diverso di lavorare, in cui “il dipendente è l’azienda”, proprio come il suo fondatore. «Siamo diventati un caso perché abbiamo capovolto anche l’ultimo assunto: da noi ogni lavoratore può stabilire persino il proprio salario, con un sistema di auto-controllo che regola mansioni e compensi».
Com’è possibile? «È iniziato per caso, quando una dipendente mi ha chiesto l’aumento. Ho pensato che avremmo potuto condividere la richiesta, motivarla e descriverla insieme al resto del team, e ha funzionato». Nessuno infatti penserebbe di fare richieste esose, sconnesse dalla realtà, se le condividi con i colleghi, se ne parli e ci ragioni insieme. Ed è così che funziona per tutto, in Kopernicana: si stabiliscono obiettivi e si condividono con il gruppo di lavoro.
«Lo smart working? Secondo te?» Frugiuele sorride, ma sa bene che la domanda non è peregrina. Molte aziende italiane sono tornate in presenza da tempo, e non contemplano ulteriori grandi tuffi nel lavoro intelligente. Persino società “visionarie” del settore tecnologico e innovativo, come Apple, hanno modificato le regole per il lavoro in presenza e richiesto ai dipendenti l’obbligo di tornare in ufficio almeno tre giorni a settimana. I dipendenti remano contro, e nel caso della multinazionale di Cupertino hanno fatto partire una petizione per opporsi a questa nuova politica aziendale, che però è condivisa bene o male anche da altre importanti società tecnologiche. In Italia vedremo i numeri più avanti, ma, intanto, dal primo settembre si è tornati alla vecchia norma, che prevede la possibilità di mantenere lo smart working solo sottoscrivendo accordi individuali, accordi che erano stati sospesi durante la pandemia. Il dl Semplificazioni e un successivo decreto attuativo del ministero del Lavoro hanno permesso di mantenere la semplificazione burocratica, ovvero la possibilità per gli uffici del personale di trasmettere solo i riferimenti dei lavoratori impegnati nella modalità agile, con i relativi periodi, ma la “norma” torna ad essere la solita. «Da noi naturalmente ognuno è libero di scegliere, si può passare l’intero anno in modalità cosiddetta smart. Abbiamo stabilito solo alcuni incontri, di qualche giorno, in presenza, che in genere trascorriamo in posti particolari, che aiutino la concentrazione ma anche la collaborazione. In altre parole che aiutino a lavorare bene».

Francesco Frugiuele, co-founder di Kopernicana

Kopernicana accompagna altre imprese a trasformare la propria organizzazione, a realizzare progetti organizzativi e valoriali con l’obiettivo di gestire l’azienda per obiettivi, adattandoli ai requisiti già presenti nella società. Nata nel 2019 per sostenere il cambiamento che già si stava affacciando, Kopernicana si è trovata travolta (come tutti) da una pandemia e dai cambiamenti forzati che sono stati un punto decisivo di svolta. Ma questa forzatura ha confermato che la direzione in cui stava andando era quella giusta. «Di recente, abbiamo lavorato con Decathlon, in un progetto che puntava a coinvolgere il team nella value chain, l’It e l’e-commerce, con l’obiettivo di identificare azioni non sondate prima, per favorire allineamenti orizzontali su diversi obiettivi».
Governare le organizzazioni resta un compito complesso, e nuove sfide si aprono in una fase segnata dal ritorno in ufficio: non c’è da stupirsi se, nell’epoca della grande incertezza, si cercano nuove vie per governare presente e futuro. Anche perché l’alternativa è perdere le proprie “teste”, con il fenomeno sempre più (anche) italiano delle grandi dimissioni. Un fenomeno che interessa il 60% delle aziende, tocca diverse decine di migliaia di posizioni e coinvolge principalmente le aree dell’informatica e del digitale, ma anche la produzione, il marketing e le vendite, stando a recenti dati pubblicati da Aidp, l’Associazione italiana direzione personale. A scegliere di cambiare lavoro sono soprattutto gli addetti fra i 26 e i 35 anni (il 70% del campione analizzato) e perlopiù impiegati in aziende del Nord Italia. Ad alimentare la cosiddetta “great resignation” c’è la ricerca di condizioni economiche più soddisfacenti, ma anche la nuova esigenza di trovare un migliore equilibrio fra vita privata e lavoro. «Proprio ciò di cui stiamo parlando: la vita privata del dipendente non sarà mai più qualcosa che non riguarda il datore di lavoro» spiega Frugiuele, «pena la perdita di valore per l’azienda».
Anche perché, secondo un’altra indagine Aidp, condotta tra 850 tra direttori del personale e aziende, oggi circa il 58% tra i neo-assunti e i dipendenti chiede il lavoro agile alle aziende come pre-condizione per poter accettare o continuare l’impiego. Addirittura, il 58% delle aziende ha dichiarato che sta trovando difficoltà ad assumere o trattenere i dipendenti se non viene garantito lo smart working e oltre l’88% ha confermato che dopo la data del 30 giugno continuerà la possibilità di lavorare in smart working e da remoto, contro solo l’11% che ha espresso un’intenzione contraria.
«È chiaro che in questo contesto non si può pensare di andare avanti trattando i dipendenti come bambini. Pensiero critico, capacità analitiche e problem solving sono funzioni che la maggior parte degli adulti possiede, ma i modelli organizzativi che hanno dominato il mondo del lavoro negli ultimi cento anni ne hanno sempre disincentivato l’utilizzo. La creazione di un senso di comunità, connessione e appartenenza deve partire dal presupposto che i dipendenti sono persone adulte, libere e responsabili. Per generare appartenenza ed engagement è necessario promuovere una visione organizzativa che punti a superare le strutture gerarchiche, attuando il cambiamento attraverso principi come la chiarezza dello scopo, la responsabilità e l’autonomia delle persone».

Il team di Kopernicana

«Lo smart working» ci tiene a puntualizzare Frugiuele, «non è la replica dell’ufficio a casa». Solo qui in Italia continuiamo a usare questa espressione per identificare cose anche molto diverse tra loro, dal telelavoro, al lavoro in mobilità, al lavoro agile o flessibile. Una confusione che sembra aumentare piuttosto che ridursi. Definizioni a parte, il problema maggiore è forse la malafede con cui si “concedono” queste misure. Il primo, tipico, errore è pensare che si sia meno produttivi rispetto a quando si lavora in ufficio, ma affidandosi ad adeguati modelli di gestione del lavoro per obiettivi, da casa si è straordinariamente più efficaci, focalizzati e produttivi, come è stato dimostrato dai fatti oltreché dalla ricerca. Per non parlare del tempo di spostamento che viene azzerato e può essere usato in altri modi, e tacciamo poi dell’azzerato impatto sull’ambiente, particolarmente alto in un’Italia così affezionata ai mezzi a motore privati e così povera di infrastrutture: dai treni, ai mezzi pubblici cittadini, alle piste ciclabili, all’intermodalità. «Il secondo errore» continua Frugiuele, «è che lo smart working sia sostanzialmente un tema di strumenti tecnologici. Lo smart working è sicuramente dipendente da tecnologie e strumenti, ma ancora di più dipende dalla capacità di organizzarsi, su due dimensioni: personale, ovvero imparare a gestire il tempo, i propri obiettivi, creare una disciplina giornaliera nuova, attivare nuovi modi per interagire coi colleghi; aziendale, perché gestire un team remoto richiede regole più chiare, deleghe più esplicite, protocolli di comunicazione più definiti, sistemi decisionali più strutturati, informazioni più accessibili». Smart working significa prima di tutto che il lavoratore può iniziare a decidere quando e come lavora, in accordo con le proprie esigenze e con quelle dei suoi clienti o collaboratori. Insomma, «per rispondere al continuo cambiamento che ci circonda dobbiamo riscrivere le regole della collaborazione e riprogettare le nostre organizzazioni, perché siano davvero uno strumento di crescita per persone e aziende. È possibile superare i limiti dei modelli tradizionali ancora basati su comando e controllo, che sviliscono le professionalità e in nessun modo aiutano la produttività. L’obiettivo di Kopernicana è proprio quello di portare strumenti, metodologie e pratiche utili a questo cambiamento, in modo semplice e con un approccio basato sui dati».

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