Nel libro Il Cinepolo green di Napoli, uno sguardo verso il Mediterraneo (Felici Editore), Ugo Di Tullio e Giulia Nardini analizzano le potenzialità e le prospettive del primo Cinepolo della Campania, i cui lavori dovrebbero essere terminati entro la fine di quest’anno, ritagliando uno spazio speciale alle ricerche che l’imprenditore Arturo De Matteo e l’architetto Martina Bosone hanno condotto per rendere la struttura a impatto zero.
Il progetto è il risultato del lungo lavoro della Film Commission Regione Campania, che gestisce ed eroga aiuti pubblici alle opere audiovisive lungo tutta la filiera (sviluppo, produzione, distribuzione e promozione, esercizio), portando avanti un’opera di sensibilizzazione delle istituzioni territoriali alla promozione del territorio attraverso l’audiovisivo.
Una volta ultimato, il Cinepolo si svilupperà su tre livelli:
- un Cineporto (in parte già in funzione), ossia uno spazio dedicato al lavoro temporaneo di società di produzione, che sorgerà sull’ex base NATO di Bagnoli, quartiere della periferia occidentale di Napoli, che si estende nella zona dei Campi Flegrei;
- un incubatore per le imprese locali;
- un’area dedicata alla formazione professionale, che prenderà il nome di “Mediateca del Mediterraneo”.
L’augurio, però, è che possa anche diventare il primo cinepolo a zero emissioni d’Europa.
Ma cosa si intende esattamente per “cinepolo green”? Lo abbiamo chiesto al professor Ugo Di Tullio, docente presso l’Università di Pisa, che insieme al suo team di ricerca ha tracciato le linee guida per rendere il cinepolo un complesso sostenibile.
“Per cinepolo green si intende una struttura capace di autosostenersi e di provvedere al proprio approvvigionamento energetico in modo alternativo. Inoltre, gli spostamenti al suo interno devono avvenire solo attraverso mezzi elettrici. Si prevede poi la messa a dimora di orti urbani. Il lavoro è stato messo a punto dalla dottoressa del CNR di Napoli Martina Bosone , che si occupa di comunità energetiche”.
Nel libro si fa riferimento all’importanza di recuperare il patrimonio abbandonato, non solo per poterlo riutilizzare in un’ottica di circolarità, ma anche per riportare in vita quegli edifici che hanno un valore identitario per gli abitanti del luogo. “Rigenerare un edificio”, scrivono gli autori, “non significa solo attribuire ad esso una nuova funzione, ma significa prioritariamente analizzare il contesto in cui è inserito, capire quali sono le esigenze delle comunità locali e il valore che esse danno a quell’immobile: la nuova funzione deve tener conto di quella originaria e mettersi in linea con essa, non stravolgerla. Nei lavori di riqualifica è molto importante il riuso dei beni in modo da sfruttare le risorse che si trovano in loco: ad esempio i materiali che derivano dalla demolizione di un’ala possono essere reintrodotti nel ciclo di vita utile di un altro fabbricato, così da ridurre al minimo l’emissione determinata dall’eventuale trasporto di materiali di nuova produzione”.
Di Tullio ha cominciato ad interessarsi al cinema green in anni non sospetti: “Sono stato tra i primi in Italia ad interessarmi al tema. Nel 2012 ho scritto un libro intitolato Movie cluster e green set, in cui teorizzavo una sorta di disciplinare per le produzioni cinematografiche verdi”. Ora intende presentare il piano per rendere green il Cinepolo di Napoli alla Regione Campania, che ha già stanziato all’incirca 4 milioni da dedicare al progetto, senza tuttavia prendere ancora in considerazione il parametro della sostenibilità. “Sono molto felice che la Regione Campania abbia investito 4 milioni sul cinepolo, ma a questo punto quello che chiedo è di fare un salto qualitativo, includendo il parametro green negli investimenti, utilizzando anche le opportunità offerte dal PNRR. È arrivato il momento di inserire la cultura green del cinema che abbiamo acquisito e messo in pratica nel sistema della produzione lineare, cioè del film, all’interno di una struttura stabile”.