Un gruppo di scienziati dell’Università di Aix-Marseille, Francia, ha riportato in vita un virus addormentato nel permafrost siberiano da 48.500 anni. Isolato insieme ad altri 12 nuovi virus di diverse tipologie, provenienti da 7 campioni di suolo ghiacciato della Siberia, è stato prelevato ad una profondità di 16 metri sotto il fondale di un lago della Yakutia, nella parte orientale della Siberia. Si tratta del virus più antico mai riportato in vita e del genere Pandoravirus, entità giganti con un genoma incredibilmente esteso e in minima parte conosciuto, mille volte più grandi di un virus dell’influenza (sfiorano il millesimo di millimetro).
Per quanto possa suonare come una notizia allarmante, si tratta in realtà di uno studio di vitale importanza, poiché “a causa del riscaldamento climatico, lo scioglimento irreversibile del permafrost sta rilasciando materia organica congelata fino a un milione di anni”, spiegano i ricercatori.
“È probabile che il rischio aumenti nel contesto del riscaldamento globale, quando il disgelo del permafrost continuerà ad accelerare e più persone popoleranno l’Artico a seguito degli sviluppi industriali”.
In poche parole, visto il rischio che antichi patogeni possano risvegliarsi, meglio farsi trovare preparati.
Inoltre, nove tra i virus sono risultati di nuovo capaci di infettare e replicarsi una volta liberati dal loro freddo contenitore, ma nessuno di essi è in grado di attaccare piante o animali, perché il team ha cercato deliberatamente virus che interessano le amebe. “Il rischio biologico associato alla rinascita dei virus preistorici che infettano le amebe è quindi del tutto trascurabile”, rassicurano gli autori.
Lo studio coordinato da Jean-Michel Claverie e composto da scienziati provenienti da Russia, Francia and Germania ed è stato pubblicato sulla piattaforma “bioRxiv”, archivio online gratuito di articoli in attesa di revisione da parte della comunità scientifica.