Tra un anno circa anche le grandi imprese dell’Unione Europea – per quelle quotate è già così – saranno obbligate a rendere pubblici i dati sul loro impatto sull’ambiente, sulle persone, sul pianeta e sui rischi di sostenibilità a cui sono esposte. Lo ha stabilito Parlamento europeo riunito in plenaria, adottando in via definitiva la direttiva sulla comunicazione societaria sulla sostenibilità, detta CSRD, ovvero Corporate Sustainability Reporting Directive, con 525 voti favorevoli, 60 voti contrari e 28 astensioni. Le imprese saranno quindi obbligate a pubblicare regolarmente dati relativi al loro impatto sociale e ambientale. Ciò dovrebbe ridurre il greenwashing, rafforzare l’economia sociale del mercato UE e gettare le basi per standard di trasparenza sulla sostenibilità, a livello mondiale. Si parte tra il 2024 e il 2028: dal prossimo 1° gennaio le grandi imprese di interesse pubblico – con oltre 500 dipendenti e già soggette alla direttiva sulla dichiarazione non finanziaria – avranno l’obbligo di rendicontare il loro impatto con scadenza al 2025. Dal 1° gennaio 2025, scatterà la stessa cosa per le grandi imprese non ancora soggette alla direttiva sulla dichiarazione non finanziaria, e si tratta di quelle con oltre 250 dipendenti e/o 40 milioni di euro di fatturato e/o 20 milioni di euro di attività totali – con scadenza al 2026. Dal 1° gennaio 2026 saranno infine le piccole, le PMI a dover fornire dati precisi e validati con scadenza al 2027 (ma le PMI possono scegliere di non partecipare fino al 2028). L’obiettivo delle nuove regole è colmare l’attuale lacuna delle dichiarazioni di informativa non finanziarie (termine che sparirà, e che indicava l’impegno sociale e ambientale di una azienda, ovvero i criteri ESG). Si introducono obblighi di trasparenza più dettagliati sull’impatto delle imprese sull’ambiente, sui diritti umani e sugli standard sociali, sulla base di criteri comuni in linea con gli obiettivi climatici dell’UE, ma soprattutto ci saranno standard di valutazione uguali per tutti e verificabili. Di conseguenza, proprio come ad oggi si può subire una verifica sulle dichiarazioni finanziarie pubblicate, sarà possibile che un’azienda debba affrontare controlli per verificare la veridicità del proprio impegno ambientale: niente più green-washing insomma. Almeno in teoria. Le imprese saranno soggette a controlli e certificazioni indipendenti – da parte dei revisori contabili – per assicurare che i dati forniti siano affidabili. La dichiarazione sulla sostenibilità sarà equiparata a quella finanziaria, in altre parole, permettendo agli investitori di disporre di dati comparabili con aziende alternative e soprattutto attendibili. Inoltre, dovrà essere garantito l’accesso digitale alle informazioni sulla sostenibilità. I nuovi obblighi UE di trasparenza sulla sostenibilità si applicheranno a tutte le grandi imprese, quotate in borsa o meno, comprese le imprese estere che fatturano più di 150 milioni di euro nell’UE. La novità significa una rivoluzione per quasi 50.000 aziende nell’UE, rispetto alle circa 11.700 che già attualmente assolvono a questo dovere. “L’Europa sta così dimostrando al mondo che è davvero possibile garantire che la finanza, nel senso stretto del termine, non governi l’intera economia globale” ha dichiarato il relatore Pascal Durand durante il dibattito in Plenaria.