Per la prima volta nella sua storia, quest’anno la Conference of Parties ospita il “Mediterranean Pavilion”, istituito per richiamare l’attenzione sulle sfide urgenti che la regione del Mediterraneo si trova ad affrontare e per diffondere le innovative soluzioni già sviluppate. Il Padiglione del Mediterraneo è una coalizione di partner che vede insieme l’Unione per il Mediterraneo, la Fondazione PRIMA, l’UNEP-MAP, un comitato scientifico guidato da una rete indipendente di 600 scienziati esperti del clima e dei cambiamenti ambientali del Mediterraneo (MedECC), che hanno redatto una prima valutazione scientifica sui cambiamenti climatici e sui rischi associati nel bacino del Mediterraneo.
Il padiglione ospiterà numerosi eventi sui temi del climate change, della sostenibilità, dell’energia rinnovabile, per portare finalmente sul tavolo delle trattative uno degli hotspot del cambiamento climatico nel mondo, finora trascurato nei negoziati sul clima, stimolando la cooperazione tra diversi attori, come società civile, governi, imprese, finanza.
Di collaborazione ha parlato anche la premier Giorgia Meloni nel corso del suo intervento alla COP27. “L’Italia rimane fortemente convinta dell’impegno sulla decarbonizzazione nel rispetto degli obiettivi Cop Parigi. Dobbiamo sviluppare energia diversificandola e in stretta collaborazione con i Paesi africani”.
I Paesi del sud del mondo sono i protagonisti di questa COP, non solo in quanto ospiti dell’evento, ma perché, per la prima volta, si vedono in cima all’agenda politica i concetti di “loss and damage”, le perdite e di danni causati dai cambiamenti climatici nei Paesi in via di sviluppo, che i Paesi responsabili dell’inquinamento dovrebbero ricompensare. Lo ha sottolineato la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen: “È un argomento importante e sono felice che questa volta sia un punto all’ordine del giorno nella COP27. Non lo era mai stato prima d’ora. Quindi ora è importante definire precisamente di cosa si tratta, e poi guardare quali risorse finanziarie sono disponibili. E non sto parlando dei 100 miliardi promessi per i finanziamenti legati al cambiamento climatico, budget in cui l’Unione Europea sta facendo la sua parte con una quota di 23 miliardi. Mi riferisco invece ad altri fondi che dobbiamo valutare”.
Al sostegno di cui hanno bisogno i Paesi del sud del mondo ha fatto riferimento anche il primo ministro delle Barbados, Mia Mottley, affermando che queste regioni necessitano di un maggiore accesso alla tecnologia per affrontare la crisi climatica e implementare la loro crescita. Il sud rimane “alla mercé del Nord”, ha detto Mottley, parlando di come le risorse necessarie per produrre tecnologia “green” vengano estratte nel sud del mondo per essere inviate al nord.
Mottley si è inoltre rivolta ai leader mondiali chiedendo giustizia climatica, avvertendo che il mondo potrebbe vedere un miliardo di rifugiati climatici entro il 2050.
“Non ho bisogno di ripetere che abbiamo il potere di scelta. Non ho bisogno di ripetere che questa è la COP che ha bisogno di azione, lo abbiamo già detto tutti in coro”, ha dichiarato.
“Non c’è bisogno di ricordare l’orrore e la devastazione avvenuti su questa Terra nel corso degli ultimi 12 mesi, da quando ci siamo incontrati a Glasgow”, ha aggiunto Mottley, citando “le inondazioni apocalittiche in Pakistan, o le ondate di calore dall’Europa alla Cina, o addirittura negli ultimi giorni nella mia stessa regione la devastazione causata in Belize dalla tempesta tropicale Lisa o le inondazioni torrenziali di pochi giorni fa a Santa Lucia”.
“Quello che dobbiamo fare è capire perché non ci stiamo muovendo”, ha proseguito Mottley, che l’anno scorso a Glasgow lanciò un durissimo avvertimento evidenziando come un aumento di due gradi sarebbe stato una “condanna a morte” per le nazioni insulari.
Di disastri ambientali ha parlato anche l’ex vicepresidente americano e attivista per l’ambiente Al Gore, che tra i fiumi in secca a causa del cambiamento climatico, ha citato anche il Po: “Il delta del Nilo si sta salinizzando. La siccità sta prosciugando il Mississippi negli Stati Uniti, il Tigri e l’Eufrate – culla della civiltà -, il fiume Po in Italia, la Loira in Francia, il Reno in Germania”.