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in CSR
25/08/2022

Energia e rifiuti: le ricette della nostra politica in questa campagna elettorale

Via: di Michela Dell'Amico

©iStock/imantsu

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Poche idee ma confuse, e molto diverse da partito a partito. È sull’energia che si gioca il futuro del nostro Paese, la cui produzione e gestione non è mai stata così centrale come oggi, a fronte delle sfide e dei danni ambientali e umani del cambiamento climatico, e a quelle economiche e sociali legate alla guerra in Ucraina e allo stop al gas russo. Oggi gas ed elettricità costano almeno 10 volte in più rispetto al periodo pre-conflitto, con un differenziale di prezzo fra l’area Ue e gli Usa di 9 volte. L’inflazione continua a salire e le conseguenze sulle bollette delle famiglie e sui costi per le attività economiche sono sempre più difficili da compensare con ulteriori politiche di aiuto gravanti sul debito pubblico. In questo scenario i partiti che si presentano al voto del prossimo 25 settembre devono decidere su temi spinosissimi: nucleare, rigassificatori, trivelle, rinnovabili. Per non parlare della gestione dei rifiuti, che ormai da anni incastrano città come Roma, la capitale.

Photo by Markus Distelrath on Pexels

Al punto 11 del suo programma, dedicato all’autosufficienza energetica, il centrodestra scrive: “È possibile il ricorso alla produzione energetica attraverso la creazione di impianti di ultima generazione, senza veti e preconcetti, valutando anche il ricorso al nucleare pulito”. Peccato che il cosiddetto nucleare pulito, in assoluto, non esista, neppure nella teoria. A parole, Silvio Berlusconi ha annunciato: “Riprenderemo ricerca su nucleare di quarta generazione”, ma questo genere di ricerca non si è mai interrotta, peccato che se ne prevede un concreto sviluppo non prima di una ventina d’anni. Naturalmente però il centrodestra non gira le spalle alle rinnovabili, e assicura che – nucleare a parte – punterà a un (non meglio specificato) aumento della produzione dell’energia rinnovabile, di diversificazione degli approvvigionamenti energetici e realizzazione di un piano per l’autosufficienza energetica, con un pieno utilizzo delle risorse nazionali, quindi si presuppone anche le trivelle (ma non è chiarito), promuovendo l’efficientamento energetico e dando sostegno alle politiche di calmieramento dei prezzi, a livello europeo. A spingere ancora di più sul tema del nucleare è il leader della Lega, Matteo Salvini, che vorrebbe superare il no del celebre referendum del 1987. In controtendenza però, dato che, dopo l’incidente di Fukushima, e nonostante la crisi energetica, anche la Germania ha appena confermato che non farà marcia indietro sulla chiusura dei suoi 3 impianti ancora attivi. Addirittura a giugno, al Convegno dei giovani industriali di Rapallo, Salvini aveva detto: “La prima centrale nucleare italiana? Fatela a Milano, a casa mia, nel mio quartiere a Baggio. Proprio a Milano, che è la capitale dell’innovazione”. Più di recente, ha aggiunto “L’Italia è l’unico dei grandi Paesi al mondo che dice no al nucleare per ideologia, non per scienza. Nell’arco di 7 anni, quelli necessari a costruire una centrale nucleare potremmo produrre energia a minor costo rispetto a quella di oggi”. Quindi si vuole: sbloccare l’estrazione del gas nei nostri mari, favorire la transizione verso il biogas e puntare sulla ricerca nel campo nucleare “pulito e sicuro”, lasciando un po’ marginale lo sviluppo dell’energia solare ed eolica. Il programma della coalizione di centrodestra – Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia – continua poi a dichiararsi contrario al blocco dell’import di gas dalla Russia.

Photo by Scott Platt on Pexels

Il Partito Democratico, invece, punta sui rigassificatori. Ricordiamo che si tratta di impianti atti a riportare allo stato gassoso il gas trasportato via mare, inevitabilmente in forma liquida, da fornitori alternativi alla Russia e dunque non collegati a noi da gasdotti, come ad esempio gli Stati Uniti. Rigassificatori “il cui ricorso appare necessario, ma a condizione che essi costituiscano soluzioni-ponte, che rimangano attivi solo pochi anni e che possano essere smobilitati ben prima del 2050, proprio per non interrompere la prospettiva della transizione ecologica”. Particolare attenzione ai territori dove verranno installati, “che andranno preventivamente consultati e risarciti, per l’impatto economico e sociale che possono subire, attraverso un fondo ad hoc”. Infine il Terzo Polo, con Calenda che sostiene il nucleare da tempo e con convinzione (come anche Renzi), “perché altrimenti è impossibile ottenere l’obiettivo zero emissioni”. In passato l’ex ministro era arrivato anche a sfidare il segretario del Pd Enrico Letta “a un confronto affinché possa spiegare agli italiani in che modo, senza il nucleare, possiamo raggiungere l’obiettivo prioritario delle emissioni zero”. E non c’è dubbio che senza il nucleare, ad oggi, sarebbe molto difficile, considerando anche le remore di molte regioni – la Sardegna ad esempio – a installare nuovi impianti rinnovabili e data l’attuale difficoltà di stoccaggio di questo tipo di energia. L’accordo tra Pd e Terzo Polo non prevede comunque il ricorso all’atomo, ma “un aumento degli investimenti in energie rinnovabili (con l’annunciata creazione di 470mila “lavori verdi” in 10 anni); rafforzamento della diversificazione degli approvvigionamenti per ridurre la dipendenza dal gas russo e la realizzazione di impianti di rigassificazione nel quadro di una strategia nazionale di transizione ecologica virtuosa e sostenibile”. Nel suo programma Calenda spiega anche che ci sarà spazio per nuovi termovalorizzatori, assolutamente banditi dal MoVimento 5 Stelle, che invece vorrebbe “la realizzazione di impianti completamente compatibili con le richieste dell’Europa e non inquinanti, finalizzati a migliorare le prestazioni ambientali, e la sburocratizzazione per favorire la creazione di impianti di energia rinnovabile”. Vero che i termovalorizzatori sono una realtà attiva e sostenibile in tutta l’Europa, compreso il virtuoso Nord. Interessante notare che, per il Terzo Polo, è fondamentale scorporare il prezzo dell’energia prodotta da fonti rinnovabili da quello dell’energia da fonti fossili.
Ricapitolando, se Calenda e Salvini sono più vicini che mai sul nucleare, l’opzione è out per il Pd, l’intera coalizione di centrosinistra e il M5S che dice no anche a trivellazioni, inceneritori e rigassificatori, invece ammessi dal Pd perché “necessari” come soluzione temporanea. Solo Giorgia Meloni sarebbe invece pronta a tornare a importare gas dalla Russia come nulla fosse. Tutti i partiti sono d’accordo sulla necessità di erogare aiuti alle aziende e alle famiglie contro il caro bollette, e imporre un calmieramento anche a livello europeo.

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