Quante volte capita di avere bisogno di un oggetto per una specifica occasione, ma di domandarsi se valga la pena acquistarlo per utilizzarlo una sola volta? Una tenda da campeggio, una moka da 20, una macchina per la pasta, un trapano, delle cuffie antirumore, per esempio. Proprio per soddisfare necessità straordinarie come queste, nascono le Tool Library, letteralmente “biblioteche degli oggetti”.
Il concetto alla base, infatti, è lo stesso di una biblioteca. Solo che invece dei libri si prendono in prestito degli oggetti, evitando agli utenti di compiere acquisti superflui per utensili che utilizzerebbero solo poche volte.
Si tratta di un piccolo esempio di economia circolare, di sharing economy più nello specifico, utile a limitare la produzione eccessiva e instancabile di servizi e prodotti, visto che acquisto equivale a produzione e produzione significa anche produzione di nuovi rifiuti, oltre che sfruttamento di risorse.
Un modello come questo, se diffuso su larga scala, spingerebbe le aziende a progettare prodotti per la riparazione e i rivenditori a spostare i loro modelli di business verso il noleggio o il leasing. Inoltre, le Biblioteche delle Cose favoriscono la socialità è l’inclusività, riunendo persone e creando comunità. Sono un punto d’incontro intergenerazionale dove anziani e giovani condividono le proprie abilità nella lavorazione del legno, dei metalli, nella riparazione e molto altro.
Come funzionano? É sufficiente iscriversi alla Tool Library della propria città, mettere in condivisione un proprio oggetto o pagare una piccola quota, prendere in prestito ciò di cui si ha bisogno e riconsegnarlo intatto una volta che lo scopo per cui serviva viene soddisfatto.
Attualmente le Tool Library, anche dette “oggettoteche”, non trovano ampio diffusione nel nostro Paese. Le più famose sono la “Leila, la biblioteca degli oggetti” a Bologna e la “Zero” a Palermo.