“Andare in bicicletta? Ti regala endorfine, ti fa apprezzare il posto dove vivi, te lo fa conoscere realmente. Anche se è un posto desolato, poco importa: lo attraversi da protagonista, capace di vedere e sentire senza filtri. Ma poi la bici fa comunità. Come mi diceva Alfredo Martini (ex ciclista e ct della nazionale), se un automobilista ti fa un cenno, lo guardi con sospetto, hai un po’ paura. Se un ciclista ti fa un cenno, ti fermi: magari ha bisogno d’aiuto. I ciclisti sono sempre solidali e di un ciclista non si può avere paura. Senza parlare del fascino che ha uscire in bici, notare i bagliori un po’ alla volta, modulare la velocità sulle gambe per provare emozioni impossibili con altri mezzi. La bicicletta è l’unico gioco dell’infanzia che ti porti fino a tutta l’età adulta e usi come mezzo di trasporto. La bici mantiene la dimensione ludica che nella vita non dovremmo mai perdere: è quella che ci salva”. Andrea Satta, pediatra, parte del gruppo PUMP (Pediatri per un mondo possibile) di ACP (Associazione Culturale Pediatri) lega la medicina all’ambiente, e l’ambiente alla poesia e alla musica, sempre con l’aiuto del mezzo del futuro: la bicicletta. Da 30 anni è la voce della band da lui fondata, Têtes de Bois, per la quale e con la quale ha creato un esempio unico al mondo di “palco a pedali”, ovvero uno spazio per fare musica all’aperto, adattabile e trasportabile, ma soprattutto capace di alimentarsi con la forza delle gambe dei suoi spettatori. Il palco dal quale ha parlato Greta Thunberg in visita a Roma con i Fridays for Future.
“Utopie che mi piace generare per mostrare che un’altra via è possibile – racconta -, nella speranza di poter vivere un giorno in un mondo meno inquinato, e quindi più sano: prima di tutto per i bambini”. Del resto il nome della band significa “teste di legno”, testardi, ma anche burattini, sognatori gambe in spalla come Pinocchio, su “ispirazione dei cantautori francesi, come Leo Ferrè, o come una trasmissione radiofonica degli anni ’60 che li trasmetteva”. Le leccate di vernice. In questo senso però, sembra che le amministrazioni non riescano a fare abbastanza per una reale svolta sostenibile: “Le forze politiche tendono a impadronirsi delle bandiere, ma poi di concreto fanno pochissimo. Adesso la politica parla, ma poi non è importante fare. Solo parlare. La nuova strategia è parlare di ambiente, fare grandi leccate di vernice ma non agire. Altrimenti avremmo già eliminato i mezzi a gasolio, aumentato le connessioni per i mezzi pubblici, i treni, l’intermodalità, le piste ciclabili, avremmo iniziato a premiare chi va al lavoro in bici. Se non lo fai, ma prometti e basta, significa che ti serve, ma poi realmente non lo vuoi fare”.
Il palco a pedali quest’anno compie 10 anni, e resta un esempio unico al mondo di voglia di un mondo pulito. Dalla pandemia in poi, la band lo ha messo a disposizione di tutte le forze d’arte possibili e immaginabili, come scenario unico che possa incorniciare al meglio la fine del distanziamento fisico. “C’è bisogno di qualcosa che non sia negazione e frustrazione, che non ci faccia vivere come una diminuzione di valore o una sconfitta sul piano emotivo il ritorno alla socialità – spiega la band sulla pagina Facebook del palco a pedali. Il Palco a Pedali in questo è una bella soluzione, perché contiene un immaginario già ‘a norma’”. Come funziona? Gli spettatori vengono e se ne vanno singolarmente in bici, le loro biciclette sono issate su un cavalletto e quindi rimarranno necessariamente a distanza di sicurezza dagli altri spettatori pedalanti”. E la cosa è necessariamente così, per scelta. “Abbiamo rifiutato sponsor che ci offrivano cyclette fisse – ricorda Satta -, perché il senso del nostro palco è spingere le persone ad arrivare con la propria bici, indispensabile poi anche per ascoltare la musica. La speranza è che una volta che hai raggiunto il concerto pedalando, poi lo fai anche per andare al lavoro o portare i bimbi a scuola”, in una Italia in cui, stando a una recente indagine Ipsos, solo il 10% delle persone usa la bici per andare al lavoro, e solo il 13% la usa come mezzo di trasporto principale sui tragitti brevi, entro i 2 km.
Il Palco a pedali è nato da un’idea di Andrea Satta, su progetto di Gino Sebastianelli e il sostegno dell’assessorato alla Mobilità della Regione Puglia. Culmine dello stile dei Têtes de Bois, abituati da sempre a suonare dove e come capita, per strada, su un camioncino che diventa palco, al fine di “sorprendere gli spettatori, diretti a qualcosa d’altro, e che invece si fermano, modificano i loro piani, e questo cambia la direzione della loro giornata”. In tante occasioni, la band ha suonato lontano dai palchi tradizionali. “Cerchiamo non luoghi, dove fare concerti imprevedibili: come il concerto in ascensore – quello bello ampio del Ministero delle Finanze per la Fete de la Musique, a Parigi – con mini spettacoli, fino al 20esimo piano, tanto per accompagnare gli impiegati con tutta la formazione in piedi. Abbiamo suonato nella vasca delle otarie (vuota) di uno zoo, silenziati con le cuffie a bordo piscina, per non disturbare gli animali vicini”.
Far diventare un posto un altro posto, questa insomma la missione del gruppo musicale guidato da un pediatra con il pallino della sostenibilità. Da dove dobbiamo partire? “L’urgenza più grande per me è il consumo di suolo, perché ogni centimetro di cemento che coliamo a terra non tornerà più indietro. È il dramma peggiore. Occupare il suolo è per sempre, perché se cementifichi 500 mq per costruire un benzinaio, per esempio, anche se l’area cade in disuso, rimarrà così, perché nessuno avrà più l’interesse a farla tornare un prato, non si troverà mai il capitale. Ecco, il consumo di suolo è un gesto di grandissima responsabilità”. E poi il diritto allo sguardo. “Quello che fai deve essere bello. L’umore e lo stato d’animo si recuperano con i sensi e quel che vediamo, i rumori, gli odori, tutto ci fa reagire, verso di noi e verso il mondo. Se costruiamo un mondo che non regala piacere non possiamo che avere in cambio rabbia e aggressività. Per questo da ragazzo, a parte fare il medico, mi sarebbe piaciuto fare l’architetto. Se crei una periferia di palazzoni, senza viali e parchi, cosa ti aspetti dopo 20 anni? Una generazione che è il risultato dell’ordito che hai allestito. Roma è piena di parchi, molti in ville private che li blindano dietro alte mura. Io vorrei chiedere: potete abbassare il muro, cosi che io possa vedere il vostro parco? Anche se sono ville private, perché escludere alla vista la meraviglia delle foglie che ingialliscono a fine estate?”. Pediatra nella periferia romana, Satta ha ricevuto – da ultimo – il Premio “In Puero Homo” della Società Italiana di Pediatra nel 2021, per essersi distinto in ambito professionale, istituzionale, umano e scientifico per l’impegno e la dedizione verso l’età evolutiva, con la seguente motivazione “Pediatra globale, adempie in maniera esemplare ai compiti sanitari, sociali, culturali, pedagogici. Pediatra artista è riferimento nella sua comunità per i bambini e per chi li accudisce”.