Entrare nel mondo di Antonio Ligabue è un modo per trarre ispirazione dal dolore e dalla sofferenza, dal sopruso e dal pregiudizio, e notare come, quando l’umanità ti rifiuta, c’è sempre la natura pronta ad accoglierti. Rachitico, emarginato, espulso dal suo paese e allontanato dalla sua famiglia, considerato pazzo e deriso sin da bambino, Ligabue si rifugia negli spazi aperti e naturali, e dice di conoscere gli animali “da dentro”. Il suo rispetto e l’ammirazione per altre forma di vita è totale. Per un lungo periodo vive come un selvaggio nei boschi e nelle golene del Po e inizia a dipingere e a scolpire con l’argilla che raccoglie lungo il fiume. Se la sua pittura è a tratti naif, la sua scultura è perfettamente realistica. Poverissimo, usa per dipingere il proprio sangue, la terra e l’erba, sperma e urina. L’antologica in corso alla Reggia di Monza, dal titolo “Antonio Ligabue. L’uomo, l’artista”, è curata da Sandro Parmiggiani, prodotta e organizzata da ViDi in collaborazione con il Comune di Monza e il Consorzio Villa Reale e Parco di Monza. Vuol celebrare il genio dell’artista nato a Zurigo nel 1899 e scomparso a Gualtieri (Reggio Emilia) nel 1965 con 90 opere, tra dipinti, sculture, disegni e incisioni che ripercorrono la sua vicenda umana e creativa, lungo un arco cronologico che dagli anni Venti del secolo scorso giunge fino al 1962, quando una paresi pose fine alla sua attività.

La mostra propone alcuni dei dipinti considerati suoi capolavori, come Caccia grossa (1929), Circo (1941-42 ca.), Tigre reale, opera realizzata nel 1941 durante il secondo ricovero dell’artista nell’Ospedale psichiatrico San Lazzaro di Reggio Emilia, Leopardo con serpente (1955-56), Testa di tigre (1957-58), Volpe con rapace (nibbio) 1959-60, Crocifissione (primi anni ’60). Non mancano gli autoritratti, specchio di un disagio esistenziale e della volontà di riaffermare la propria identità. L’esposizione si snoda attraverso i due poli principali lungo i quali si è sviluppato il suo percorso artistico: gli animali, selvaggi e domestici, e i ritratti di sé, senza dimenticare altri soggetti come le scene di vita agreste o i paesaggi padani, nei quali irrompono, come un flusso di coscienza, le raffigurazioni dei castelli, delle chiese, delle guglie e delle case con le bandiere al vento sui tetti ripidi della Svizzera, dov’era nato e dove aveva vissuto fino all’espulsione, causata da uno dei tanti litigi con la madre che, ignara delle conseguenze, lo denunciò ai carabinieri. Sotto scorta arriva in Italia, a Reggio Emilia, dove continua a rappresentare sia animali domestici, colti in un’atmosfera rurale, sia gli animali selvatici – tigri, leoni, leopardi, gorilla, volpi, aquile – di cui conosceva molto bene l’anatomia per aver lavorato in numerosi circhi. I predatori sono spesso raffigurati nel momento in cui stanno per piombare sulla preda, con un’esasperazione di carattere espressionista sia nella forma che nel colore, e con un’attenzione quasi spasmodica per la reiterazione di elementi decorativi. Predatori che però – Ligabue lo sottolinea spesso nelle sue opere – possono d’improvviso divenire prede, così come lui un giorno, riconosciuto in parte il suo valore artistico, potrà rifrancarsi e trovare un suo spazio nella società, prendendosi anche qualche rivincita. Potentissimi gli autoritratti, che sconvolgono per la trasposizione del dolore e costituiscono un filone di altissima e amarissima poesia nell’arte di Ligabue, tra angoscia, desolazione e smarrimento. “Questi autoritratti – afferma Sandro Parmiggiani – dicono tutta la sofferenza dell’artista; ne sentiamo quasi il muto grido nel silenzio della natura e nella sordità delle persone che lo circondano. Quando perduta è ogni speranza, ormai fattasi cenere, il volto non può che avere questo colore scuro, fangoso, questa sorta di pietrificazione dei tratti che il dolore ha recato con sé e vi ha impresso”.
Per tutta la durata della rassegna, è in programma una serie di attività didattiche, incontri e visite guidate gratuite per bambini e adulti. Una mostra family friendly, con un percorso creato ad hoc per i bambini, un kit didattico in omaggio da ritirare in biglietteria appositamente studiato per la visita dei più piccoli. Un’opera ad “altezza bambino” attenderà i giovani visitatori per un’esperienza immersiva a loro dedicata. La mostra, che prosegue fino al 1° maggio 2022, è chiusa lunedì e martedì. Il mercoledì e giovedì è aperta in questi orari: 10.00 – 13.00/ 14.00 – 19.00. Venerdì, sabato e domenica 10.00 – 20.00.