51 pale eoliche distribuite su un tratto di mare di 71,5 chilometri quadrati antistante la costa tra Rimini e Cattolica, per un totale di 330 megawatt (MW). É l’ambizioso progetto di Energia Wind 2020, società di scopo costituita da due aziende attive nel campo delle energie rinnovabili. Anche questo progetto, però, come molti altri di questo tipo in Italia, si scontra con il parere di associazioni e istituzioni locali, che oppongono diverse perplessità di ordine economico-turistico, paesaggistico e pure ambientale. Alle numerose difficoltà che ostacolano lo sviluppo delle rinnovabili nel nostro Paese, Legambiente ha dedicato il dossier “Scacco matto alle rinnovabili”, che racconta venti storie simbolo di blocchi alle fonti pulite.
Un esempio significativo di questa situazione è quello del primo parco eolico offshore d’Italia, il Beleolico, a Taranto, che dopo 14 anni di complesse vicende autorizzative che ne hanno ritardato l’avvio e ridotto le dimensioni previste, ha finalmente installato la sua prima turbina solo due settimane fa. Difficoltà simili hanno costretto ad annullare o ridimensionare progetti di centrali eoliche offshore su tutto la penisola.
Lo stesso progetto di Energia Wind prevedeva inizialmente 59 “mulini a vento” stanziati su un’area marina di circa 113 chilometri quadrati, mentre adesso la società fa sapere che il numero di pale non è ancora definitivo: in caso di innovazioni tecnologiche, il totale si potrebbe ridurre ulteriormente.
Comunque se il progetto dovesse vedere effettivamente la luce, rappresenterebbe qualcosa di inedito tanto a livello regionale quanto nazionale. In Emilia-Romagna, infatti, l’eolico non ha mai preso davvero piede: gli ultimi dati resi disponibili da Terna, riferiti al 2020, parlano di poco più di una settantina di impianti già realizzati (tutti sulla terraferma, ovviamente) per 45 MW di potenza e di una produzione lorda di circa 71 gigawattora (GWh). Per dare un’idea delle proporzioni, la regione è dodicesima nella classifica nazionale, ben distante dai record della Puglia (4.801 GWh), Campania (3.209 GWh), Sicilia (2.765 GWh), Basilicata (2.423 GWh), Calabria (2.132,4) e Sardegna (1.677,1 GWh).
Come sottolineato anche nell’ultimo rapporto annuale di monitoraggio del Piano Energetico Regionale (PER), in Emilia-Romagna la crescita dell’eolico “si scontra storicamente con le limitazioni fisiche e ambientali del territorio”, in quanto l’attuale disciplina in materia di localizzazione degli impianti “non favorisce la realizzazione” di nuove pale” visti i limiti così stringenti legati alla producibilità minima richiesta”. Lo stesso documento evidenzia come l’impianto offshore di Rimini potrebbe “contribuire enormemente al raggiungimento degli obiettivi complessivi in materia di fonti rinnovabili” unitamente al progetto Agnes, che dovrebbe invece sorgere al largo di Ravenna e prevede due centrali da 200 e 400 MW.
“Nel mare del Nord la ventosità è maggiore, c’è disponibilità di spazio e i fondali sono più bassi”, spiega Laura Govoni, coordinatrice del Corso di Laurea in Offshore Engineering del Dicam, il dipartimento dell’Università di Bologna che in passato ha partecipato agli studi di fattibilità del progetto riminese. “Ad eccezione dell’Adriatico settentrionale, in Italia le profondità dei mari sono molto elevate proprio dove il vento spira più forte”.
“Ultimamente in Italia c’è parecchio fermento soprattutto intorno alla tecnologia floating (ossia alle pale galleggianti, ndr) al Ministero sono arrivare decine di manifestazioni di interesse”. Il Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC) del 2019 fissa come obiettivi minimi di crescita l’installazione di 300 MW nel 2025 e di 900 MW nel 2030. “Da un lato è una cosa positiva che siano previsti, dall’altro una strategia più ambiziosa permetterebbe all’Italia di costruire una filiera produttiva attorno al settore”.