In Perù il governo ha dichiarato l’emergenza ambientale per 3 mesi.
A provocarla sono stati 6mila barili di greggio caduti in mare il 15 gennaio scorso durante le operazioni di rifornimento di una raffineria della compagnia spagnola Repsol al largo di Lima. Sembra che l’oleodotto che trasferiva il carico di greggio dalla nave alla raffineria abbia ceduto sotto il peso dello tsunami provocato dall’eruzione del vulcano sull’isola di Tonga. Il relativo decreto pubblicato su El Peruano, il quotidiano ufficiale del Perù, definisce il danno causato come “il peggiore disastro ecologico accaduto a Lima negli ultimi tempi”.
Le correnti hanno spinto il petrolio a distanza di oltre 40 chilometri dalla raffineria, contaminando circa 21 spiagge. Il Ministero della Salute del Perù raccomanda di evitare queste aree, che classifica come “malsane”. Il decreto indica, inoltre, le misure di un piano d’azione immediata per limitare quanto più possibile i danni all’ambiente e alla popolazione interessata. Come ha spiegato il presidente Pedro Castillo: “Viviamo un momento molto critico in materia ambientale. Con questo decreto di emergenza vogliamo non solo difendere il mare ma i fiumi, le grandi città e la stessa popolazione”.
Dito puntato contro la Repsol, l’industria petrolifera spagnola che gestisce l’impianto di raffineria di La Pampilla, nella zona del Callao, il porto di Lima. Oltre ad aver lanciato in ritardo l’allarme, la Repsol avrebbe anche mentito sull’entità del danno. “Ci auguriamo che chi ha causato questo disastro si assuma le proprie responsabilità”, ha dichiarato Castillo. Intanto negli ultimi giorni migliaia di peruviani, tra cui moltissimi giovani e numerosi pescatori che rischiano di perdere i propri mezzi di sostentamento, sono scesi in piazza per chiedere severe ripercussioni contro l’azienda.
Repsol, da parte sua, ha affermato di non essere responsabile della fuoriuscita poiché le autorità marittime peruviane non hanno emesso avvertimenti su un possibile aumento delle onde. “Abbiamo risposto abbastanza rapidamente? No. Non eravamo consapevoli dell’entità del danno prima che il petrolio si riversasse sulle spiagge. Ovviamente abbiamo commesso degli errori”, afferma il presidente della Repsol Perù Jaime Fernandez Cuesta.