Riscaldamento globale che avanza a una velocità che non ha uguali negli ultimi 2000 anni, concentrazioni atmosferiche di C02 più alte degli ultimi 2 milioni di anni, quelle dei principali gas serra più elevate degli ultimi 800.000 anni e sensibili cambiamenti nei valori dell’umidità, nei venti, nella neve e nel ghiaccio, nelle aree costiere e negli oceani di tutto il Pianeta. Sono le principali evidenze che emergono dal Rapporto “Cambiamenti Climatici 2021 – La basi fisico-scientifiche” approvato venerdì 6 agosto da 195 governi membri del Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici (IPCC), nel corso di una sessione virtuale che si è tenuta per due settimane a partire dal 26 luglio. In particolare, quello presentato è il rapporto del Gruppo di Lavoro I, primo volume del Sesto Rapporto di Valutazione (AR6) dell’IPCC, che sarà completato nel 2022.
Gli scienziati rilevano cambiamenti nel clima della Terra in ogni regione e in tutto il sistema climatico. Molti di questi cambiamenti – avvertono con preoccupazione – sono senza precedenti in migliaia, se non centinaia di migliaia di anni, e alcuni tra quelli che sono già in atto – come il continuo aumento del livello del mare – sono irreversibili in centinaia o migliaia di anni.
Tuttavia, forti e costanti riduzioni di emissioni di anidride carbonica (CO2) e di altri gas serra limiterebbero i cambiamenti climatici. Se, da una parte, grazie a queste riduzioni, benefici per la qualità dell’aria sarebbero rapidamente acquisiti, dall’altra, potrebbero essere necessari 20-30 anni per vedere le temperature globali stabilizzarsi.
“Questo rapporto riflette sforzi straordinari in circostanze eccezionali”, ha detto Hoesung Lee, presidente dell’IPCC. “Le innovazioni contenute in questo rapporto e i progressi nella scienza del clima che esso riflette, forniscono un contributo inestimabile ai negoziati sul clima e ai processi decisionali”.
Secondo il Segretario generale dell’Onu Antonio Guterres questo rapporto “deve suonare una campana a morto per il carbone e i combustibili fossili, prima che distruggano il nostro pianeta”. Senza immediati e radicali tagli delle emissioni, l’obiettivo di un riscaldamento globale non superiore ai 1,5 gradi Celsius “sarà rapidamente fuori portata”, secondo Guterres che conclude: “L’odierno Rapporto è un codice rosso per l’umanità. I campanelli d’allarme sono assordanti e le prove sono inconfutabili: le emissioni di gas serra dovute alla combustione di combustibili fossili e alla deforestazione stanno soffocando il nostro pianeta e mettendo a rischio immediato miliardi di persone”.
The new #IPCC #ClimateReport is a 🔴code red for humanity, says @antonioguterres
— World Meteorological Organization (@WMO) August 9, 2021
"The alarm bells are deafening, and the evidence is irrefutable: greenhouse gas emissions from fossil fuel burning and deforestation are choking our planet"
Statement at https://t.co/bici2Frpx6 pic.twitter.com/yUbcEofFe8
Il rapporto dell’IPCC è frutto di una collaborazione internazionale che coinvolge scienziati di tutto il mondo insieme alla Fondazione CMCC e al CNR – ISAC con gli autori Annalisa Cherchi, Susanna Corti, Sandro Fuzzi. Secondo gli scienziati, le evidenze scientifiche raccolte rafforzano la consapevolezza che le attività umane sono alla base delle cause dei cambiamenti climatici e stanno rendendo gli eventi climatici estremi – quali ondate di calore, forti piogge e siccità – più frequenti e gravi.
Gli studiosi considerano inoltre l’inquinamento atmosferico e le cause dei cambiamenti climatici come due fattori strettamente legati tra di loro. Nel capitolo 6 del rapporto vengono discussi, per la prima volta in modo organico nei lavori dell’IPCC, i cosiddetti forzanti climatici a breve tempo di permanenza in atmosfera, molti dei quali sono i più comuni inquinanti atmosferici che hanno effetti deleteri sulla salute umana e l’ambiente in generale. I due fenomeni, inquinamento atmosferico e cambiamenti climatici, vengono definiti “due facce della stessa medaglia”, fino a concludere che politiche integrate di riduzione delle emissioni generate dalle attività umane costituiscono la migliore strategia di politica ambientale, anche in termini di costi sociali ed economici, e producono effetti benefici sia per la qualità dell’aria che per il contenimento del riscaldamento del pianeta.
Nello stesso capitolo si parla anche della pandemia da Covid-19 che, in conseguenza dei lockdown estesi in tutto il mondo, ha causato la riduzione in tempi brevissimi sia delle emissioni di inquinanti atmosferici che dei gas serra. Per quanto riguarda i primi, si è assistito a un seppur temporaneo miglioramento della qualità dell’aria in tutto il pianeta. Per quanto riguarda i secondi, i lockdown hanno prodotto una riduzione del 7% delle emissioni di CO2 a livello globale, un dato enorme che non ha precedenti negli ultimi 50 anni. A questo – fanno però notare gli studiosi – non si è associata una riduzione della concentrazione di CO2 e, conseguentemente, nessun apprezzabile effetto sulla temperatura del pianeta. Questo dato – concludono – conferma che per contrastare il riscaldamento climatico sono necessarie riduzioni della concentrazione di CO2 e degli altri gas serra di grossa entità e sostenute nel tempo fino a una completa decarbonizzazione perché per apprezzare gli effetti della riduzione delle emissioni sulla concentrazione di gas serra in atmosfera sono necessarie azioni e strategie di lungo periodo.
Considerato come il più completo e aggiornato studio scientifico sui cambiamenti climatici, il Rapporto dell’IPCC sarà sul tavolo della Cop26, la Conferenza delle Parti dell’UNFCCC (United Nations Framework Convention on Climate Change) che si terrà dall’1 al 12 novembre 2021 a Glasgow.