In tutti i Paesi, le persone – in media – sottovalutano le azioni più efficaci per combattere il cambiamento climatico e tendono a sopravvalutare quelle meno impattanti. La ricerca “Perils of Perception” di Ipsos – condotta in 30 Paesi – lo ha dimostrato ampiamente, rivelando che, nonostante la crescente preoccupazione per il cambiamento climatico e l’elevata fiducia nella nostra conoscenza in merito alle azioni più efficaci per contrastarlo, le percezioni errate delle persone regnano sovrane.
Solo il 4% degli intervistati è a conoscenza che gli ultimi 6 anni, ad esempio, sono stati i più caldi mai registrati e la grande maggioranza delle persone intervistate crede che sia più efficace mangiare carne e latticini locali, piuttosto che passare a una dieta vegetariana. In Italia addirittura solo il 18% crede che passare a una dieta vegetariana ridurrebbe le emissioni di gas serra di un individuo.
Nicola Pirrone, dirigente di ricerca al Cnr e docente di scienze ambientali all’università del Michigan, conferma le nostre lacune. “In generale le persone non si rendono conto quanto lo spreco di energia e di acqua incida sul clima. Il cattivo uso delle risorse mi sembra il punto in cui c’è da lavorare di più per diffondere consapevolezza. Altro punto i trasporti. Sembra che amministrazioni e governi abbiano capito che per abbassare la causa più frequente di mortalità precoce serve cambiare politica, e anche tra le persone ora è più comune valutare l’acquisto di un’auto elettrica, ma troppo resta da fare per convincerle a non usare mezzi a motore privati per spostamenti possibili con i mezzi pubblici o in bicicletta”.
Che siamo ancora in larga misura ignoranti sul tema sostenibilità lo dimostra bene il dato Ipsos sulla carne. “È risaputo che la carne comporta un altissimo consumo di acqua, specie se proviene da allevamenti intensivi noti anche per le forti emissioni inquinanti. Io amavo la carne ma negli ultimi tre anni l’ho eliminata e ho scelto una dieta vegetariana, anche per una questione di salute”. La comprensione pubblica dell’impatto che un hamburger ha sul cambiamento climatico è davvero molto bassa. L’86% degli intervistati non ha idea di quanto lontano dovrebbe guidare un’auto per eguagliare le emissioni di carbonio della produzione di un hamburger di manzo. Tra coloro che hanno provato a rispondere, la risposta media è stata 43 km. In base ai dati sull’efficienza delle auto dell’AIE, la verità è tra i 38 e i 119 km. Secondo alcune ricerche, il modo migliore in assoluto per ridurre le emissioni di gas serra a livello individuale è proprio quello di passare a una dieta a base vegetariana.
Secondo l’indagine Ipsos, invece, siamo convinti di saperne molto. In media, 7 persone su 10 hanno affermato: “Sono a conoscenza di quale azione intraprendere per svolgere il mio ruolo nell’affrontare il cambiamento climatico”. Ma poi.

Secondo le percezioni degli intervistati, anche italiani, le tre azioni più efficaci che un individuo potrebbe intraprendere per ridurre le emissioni di gas a effetto serra sono: riciclare (59%), comprare energia da fonti rinnovabili (49%) e sostituire la tradizionale auto a motore endotermico con un veicolo elettrico o ibrido (41%). Invece, sebbene tutti questi siano certamente modi per ridurre l’impatto del cambiamento climatico personale, secondo degli studi accademici del 2017, nessuno di questi è tra le prime tre misure più efficaci.
Cosa realmente è urgente fare? Secondo la scienza, le tre cose dal più forte impatto personale positivo sull’ambiente sono: “avere un figlio in meno”; non avere un’automobile; evitare un volo di lunga distanza. Però, nel mondo, solo 1 persona su 10 ha dichiarato che non avere figli possa ridurre le emissioni di carbonio, solo il 17% afferma di aver scelto di non possedere un’auto e il 21% di evitare un volo di lunga distanza. In Italia, soltanto il 5% degli intervistati pensa che non avere figli possa ridurre le emissioni di gas a effetto serra. “Confermo l’importanza di utilizzare i mezzi o la bici per gli spostamenti e aggiungo alla lista delle scelte di vita più importanti quella di non sprecare l’acqua, che è un problema sottostimato e in generale utilizzare con parsimonia le risorse, per limitare il consumo di materie prime”.

La ricerca di Ipsos ha poi chiesto quali altre azioni potrebbero intraprendere le persone per ridurre l’impatto del cambiamento climatico. Per il sentire comune, è particolarmente importante anche la riduzione di imballaggi e packaging (52%) e in generale lo sforzo di acquistare meno articoli, e più durevoli (46%). Per la scienza però, queste misure sono al di fuori delle prime 30 (precisamente sono 38° e 46°). Una azione più importante di quelle citate è invece ad esempio “ristrutturare e rinnovare le abitazioni per l’efficienza” (6° posto su 30 ed è stata scelta solo dal 35% degli intervistati).
Clamorosamente ignorata dai più (l’ha condivisa solo il 5% degli intervistati), ma è al 25° posto tra le azioni importanti per la riduzione dell’impatto del cambiamento climatico, la scelta di non avere animali domestici, il cui impatto, per il consumo esclusivo o quasi di carne e, nel caso dei gatti, perché restano abili predatori troppo spesso lasciati liberi e senza campanellino, è ancora troppo spesso ignorato.
Perché ci sono le migrazioni? Oggi, la risposta giusta è: per via dei cambiamenti climatici. Ma in troppi assegnano ancora a guerre e conflitti la ragione principale delle migrazioni dei popoli. È così per il 43% degli intervistati, mentre solo il 32% pensa sia dovuto a disastri climatici e meteorologici, come ad esempio uragani, tempeste e inondazioni. La realtà è che, nei primi 6 mesi del 2020, 9,8 milioni di persone in tutto il mondo sono state sfollate a causa dei cambiamenti climatici rispetto ai 4,8 milioni di persone sfollate a causa di conflitti.
In merito al riscaldamento globale, tutti gli intervistati hanno sottostimato (22%) o non erano sicuri (73%) di quanti anni, dal 2015, sono stati registrati come i più caldi di sempre. Soltanto una persona su venticinque (4%) ha dato la risposta corretta, ossia che tutti i 6 anni – dal 2015 al 2020 – rientrano tra gli anni più caldi mai registrati.
“La comunicazione scientifica nei confronti della società è un esercizio complesso. Mi capita di rappresentare l’Italia in molte direttive e trattati internazionale, e a livello di policy making l’esigenza di trasferire conoscenze riguarda anche la politica: c’è necessità di formare la classe dirigente”, commenta Pirrone. “Vedo un miglioramento in generale tra le persone. Ma quel che manca è anche che il cittadino deve essere confortato dalla certezza che il sistema funzioni e il suo sforzo sia quindi efficace: penso ad esempio alla raccolta differenziata. Quale sarà la reazione comune se vediamo i netturbini che raccolgono la spazzatura che abbiamo faticosamente diviso, in un unico camioncino? Quale sarà la reazione di chi vive in città – come Milano, Torino o Brescia, che vengono regolarmente deferite per il mancato rispetto sulle emissioni inquinanti in atmosfera? Il cittadino sarà responsabilizzato quando lo sforzo sarà condiviso e ben gestito, quando diventa veramente sforzo comune, e se ne tastano i risultati”.
Conclude Pirrone: “Per i giovani, gli insegnanti e i genitori, suggerisco un esercizio bello e facile per migliorare in consapevolezza: calcolare la propria carbon foot print, ovvero verificare ogni sera quanto abbiamo emesso durante il giorno, in base a ciò che abbiamo mangiato o come ci siamo mossi. Esistono tante app che lo calcolano e questo serve a sentirsi parte del cambiamento, a partecipare, senza aspettare una magia dall’alto”.