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in CSR
19/02/2021

IFAD: la (nuova) sfida di Houngbo per trasformare l’economia rurale

Via: di Giacomo Cavalli

Gilbert F. Houngbo, rieletto Presidente dell'IFAD / photo: IFAD

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Rieletto. Il 44° Consiglio dei Governatori dell’IFAD, il principale organo decisionale del Fondo Internazionale per lo Sviluppo Agricolo, tenutosi in versione digitale nei giorni 17 e 18 febbraio u.s., ha confermato Gilbert F. Houngbo, Presidente dal 2017, per un secondo mandato.
Politico togolese con grande esperienza nel contesto multilaterale, è stato chiamato dal Presidente Faure Gnassingbé a ricoprire la carica di Primo Ministro del suo paese nel 2008, interrompendo temporaneamente la sua carriera internazionale, che lo vedeva ricoprire diverse posizioni di rilievo e responsabilità all’interno del Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo (UNDP).

Ritornato alla politica multilaterale al termine della partentesi locale, in cui ha guidato il governo attraverso una progressione sostanziale verso il raggiungimento dei Millennium Development Goals (MDGs), gli obiettivi antesignani gli attuali SDGs, prima di ricoprire il ruolo di Presidente dell’IFAD, ha assunto dal 2013 la carica Vicedirettore Generale dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO).
Sesto Presidente dell’istituzione finanziaria e agenzia specializzata ONU basata a Roma, fondata nel 1977, la riconferma vuole sottolineare il buon lavoro svolto sotto la sua leadership, in un momento di particolare criticità a cui si è aggiunta la pandemia del Covid19. Come riconosciuto dall’IFAD stessa attraverso l’annuncio della sua rielezione, tale atto rappresenta il riconoscimento del lavoro portato avanti, con successo, nel posizionare lo sviluppo rurale a lungo termine come una delle soluzioni principali alle sfide globali che il mondo si trova oggi ad affrontare.

Il nuovo obiettivo è quello di raddoppiare l’impatto dell’IFAD entro il 2030, data ultima per il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile, garantendo ogni anno che 40 milioni di persone aumentino i loro redditi di almeno il 20%. Per raggiungere tale obiettivo, il Presidente, che insiste sul processo di decentralizzazione già avviato per rendere sempre più efficace la propria azione, punta su partenariato internazionale, innovazione e sostenibilità, declinati in un unico modus operandi.
Cooperazione internazionale e approccio olistico integrato degli aspetti economici, ambientali e sociali hanno costituito l’ossatura dei due giorni di dibattito, in un contesto in cui tutti i relatori presenti hanno puntato sulla necessità di agire insieme, mantenendo lo sviluppo sostenibile come bussola di orientamento delle proprie azioni. Il raggiungimento degli obiettivi “sconfiggere la povertà” (SDG1) e “fame zero” (SDG2) non potranno mai essere raggiunti nella loro interezza senza tenere conto delle sfide ambientali, culturali ed economiche che l’umanità, nel suo complesso, deve affrontate, proponendo soluzioni condivise ed efficaci in tal senso.
Un concetto chiaro che si evince anche dalle parole del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale Luigi di Maio, il quale, nel suo intervento, ha sottolineato lo storico supporto dell’Italia al sistema multilaterale come foro principe per la ricerca di un consenso capace di generare soluzioni efficaci. Il Ministro ha fatto presente l’intenzione dell’Italia di utilizzare l’approccio olistico allo sviluppo sostenibile come filo conduttore nell’azione di leadership che Roma porterà avanti nel doppio ruolo di presidenza del G20 e co-organizzatore della COP26.

L’innovazione, soprattutto nella declinazione digitale come strumento per rafforzare, e rendere più sostenibile, l’agricoltura locale, è stata più volte invocata durante la due giorni di dibattito. Un concetto ampiamente già discusso in passato, l’innovazione nell’agroalimentare è una grandissima risorsa ancora poco sfruttata, anche nei paesi ricchi. Investire in nuove tecnologie, e permettere una loro ampia diffusione e utilizzo a beneficio delle comunità locali nei paesi in via di sviluppo, significa agevolare contemporaneamente il raggiungimento di obiettivi economici ed ambientali, emancipando più velocemente i piccoli agricoltori, permettendo loro di crescere ed essere più competitivi, utilizzando meno, e meglio, le risorse naturali. Attività che l’IFAD promuove da sempre attraverso i propri programmi ma che necessita sicuramente di un maggiore supporto, sia in ottica di collaborazione pubblico privato che a livello finanziario, per aumentarne la portata e l’efficacia.
Significativa in tal senso la decisione sull’aumento degli impegni da parte dei paesi membri, i quali consegnano all’IFAD 3,8 miliardi di dollari da investire nei prossimi 3 anni nelle zone rurali del mondo. Questo annuncio dimostra da un lato la sensibilità e la consapevolezza della necessità di una azione forte, ponendo gli investimenti a favore dello sviluppo rurale di lungo periodo come strategici nel raggiungimento complessivo degli SDGs, dall’altro riafferma la fiducia riposta in una organizzazione, l’IFAD, che con questa dotazione, sommata ad altre iniziative quali l’espansione del suo programma di adattamento ai cambiamenti climatici (ASAP+), il nuovo programma di finanziamento del settore privato e il cofinanziamento da parte di partner nazionali e internazionali, punta a realizzare un programma di lavoro 2022-2024 dell’ammontare complessivo di 11 miliardi di dollari. Tale fiducia è proprio merito di una politica oculata da parte dell’IFAD la quale, diversificando le fonti di finanziamento, è riuscita ad ottenere nel 2020 un rating di credito AA+, primo fondo ONU a riceverlo, da parte delle agenzie Fitch e Standard and Poor’s, garantendole di mobilitare fondi da investitori a costi favorevoli.

Investire in sostenibilità e resilienza è il metodo migliore per sopperire alle emergenze umanitarie, ed il ragionamento fatto dal Presidente è semplice ed efficace: in Africa, il 60% dei giovani vive in aree rurali e ogni anno tra i 10 e i 12 milioni di giovani entrano nel mercato del lavoro. Investire sui giovani agricoltori ha effetti moltiplicatori fino a tre volte maggiori che in altri settori economici, impattando inoltre su ulteriori ambiti quali, ovviamente, una maggiore stabilità sociale, e conseguentemente gli aspetti migratori.
In generale, è urgente ripensare e trasformare il settore agroalimentare, un processo oggetto del prossimo Food Systems Summit di settembre 2021 organizzato dalle Nazioni Unite. L’Inviata Speciale dell’ONU per il vertice, Agnes Kalibata, intervenendo al Consiglio dei Governatori dell’IFAD, ha rimarcato l’importanza di un dibattito aperto in vista dell’evento, tracciando una strada che passa anche dal pre-Summit in programma a Roma nel mese di luglio 2021. I contributi di tutti sono importanti, per aumentare il coinvolgimento e meglio focalizzare le azioni, e questo concetto è stato sottolineato dall’Inviata Speciale nel promuovere i Food Systems Summit Dialogues, strumento strategico in tale percorso.
In realtà è proprio una questione culturale, aumentare la consapevolezza è direttamente proporzionale ad un maggiore coinvolgimento, elemento acceleratore di soluzioni in qualsiasi contesto, soprattutto in ambiti così universali come l’alimentazione.

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