Il Direttore Esecutivo del World Food Programme, l’agenzia umanitaria delle Nazioni Unite insignita del Nobel per la Pace 2020, ha ritirato il prestigioso riconoscimento ieri, 10 dicembre, in una cerimonia inusuale in formato virtuale. Introdotto dalle parole di Berit Reiss-Andersen, Presidente del Norwegian Nobel Committee, in diretta dalla sua sede in Oslo, David Beasley è intervenuto da Roma, presso il Quartier Generale di Roma dell’Agenzia ONU, dove ha ricevuto il premio dalle mani di Lisa Pelletti Clark, Co-President, International Peace Bureau per conto del Comitato del Premio Nobel per la Pace.
Beasley ha colto l’occasione per lanciare nuovamente un appello alla comunità internazionale: “Questo Premio Nobel per la Pace è più di un ringraziamento. È un invito ad agire. A causa di così tanti conflitti, del cambiamento climatico, del vasto uso della fame come arma politica e militare, e di una pandemia mondiale che peggiora il tutto in modo esponenziale, 270 milioni di persone stanno avvicinandosi sempre di più all’inedia. Se non si risponde ai loro bisogni, la pandemia della fame che ne conseguirà farà impallidire l’impatto del Covid-19. E se questo non fosse già abbastanza, di questi 270 milioni di persone, 30 milioni contano su di noi al 100 per cento per la loro sopravvivenza”.
"This Nobel Peace Prize is more than a thank you. It is a call to action."
— United Nations (@UN) December 10, 2020
— @WFPChief David Beasley accepted the #NobelPeacePrize on behalf of @WFP on Thursday. He warned that 270M people face starvation & are in need of urgent international support. https://t.co/xNktlX88Q8 pic.twitter.com/Ous40RMMXR
L’azione del WFP è di fondamentale importanza, costruita e strutturata nel corso degli anni per intervenire in situazioni di emergenza umanitaria. La pandemia di Covid-19 ha visto l’agenzia ONU intervenire in modo tempestivo sul campo, basando le proprie azioni sull’importante esperienza sviluppata nel corso degli anni. Ciò ha portato sostegno a circa 100 milioni di persone in diretta necessità, ma ciò non è abbastanza in quanto, questo l’allarme lanciato ieri, il mondo è sull’orlo di una nuova carestia di portata globale.
“Da una parte – ha aggiunto Beasley – dopo secoli di passi da giganti nell’eliminazione della povertà estrema, oggi ci troviamo con 270 milioni di persone, il nostro prossimo, sull’orlo dell’inedia. Più dell’intera popolazione dell’Europa occidentale. Dall’altra parte, ci sono 400.000 miliardi di dollari di ricchezza nel nostro mondo oggi. Anche nel picco della pandemia di Covid, in soli 90 giorni la ricchezza è aumentata di 2.700 miliardi di dollari. Mentre noi abbiamo bisogno solo di 5 miliardi di dollari per salvare 30 milioni di vite dalla carestia. C’è chiaramente qualcosa che non capisco”.
Nel sottolineare il paradosso, David Beasley ha chiamato a raccolta nuovamente la comunità internazionale, facendo seguito ai diversi appelli formulati insieme al Segretario Generale delle Nazioni Unite e altri leader internazionali nel corso del 2020. Il problema dei finanziamenti è tutt’ora evidente, nonostante gli sforzi messi in campo, sommandosi all’emergenza umanitaria l’impatto negativo della pandemia nei paesi donatori e nelle loro economie. Tuttavia, “la ricchezza per salvare le vite c’è”, ci ricorda il Direttore Esecutivo. Al di là degli sforzi profusi dal WFP e da altri attori già attivi a livello umanitario, più si tarda a intervenire più la situazione rischia di peggiorare in modo irreversibile.
“Per favore – ha concluso Beasley -, non chiedeteci di scegliere chi vive e chi muore. Nello spirito di Alfred Nobel, come inciso in questa medaglia – ‘pace e fratellanza’ – dobbiamo sfamarli tutti. Il cibo è la via per la pace”.