Oggi si celebra la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, ricorrenza istituita a livello internazionale su disposizione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 1999. Come ogni anno, il 25 novembre segna l’inizio dei “16 giorni di attivismo contro la violenza di genere“, campagna internazionale di azione civica lanciata nel 1991 dal Center for Women’s Global Leadership, ancora oggi coordinatore delle attività. La campagna, che nel corso degli anni ha visto più di 6000 eventi organizzati in 187 paesi del mondo, è pensata per sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema della violenza contro le donne, coinvolgendo singoli e organizzazioni durante i 16 giorni, fino a giungere alla data del 10 dicembre, giornata internazionale dei diritti umani.
Alla società civile si è unito il Sistema Nazioni Unite che quest’anno, nel contesto della propria campagna UNiTE by 2030 to End Violence against Women campaign, ha lanciato Orange the World: Fund, Respond, Prevent, Collect! 16 giorni di attivismo per sviluppare azioni di advocacy, sensibilizzazione, coinvolgimento e informazione sul tema della lotta alla violenza verso le donne. Oltre a rientrare nella campagna UNiTE coordinata da UN Women e lanciata nel 2008, si integra con altre due iniziative attualmente già in essere: la campagna Generation Equality, che proprio quest’anno focalizza le sue azioni sul 25° anniversario del Beijing Declaration and Platform for Action, l’agenda internazionale più avanzata per quanto concerne i diritti delle donne, e la GBV Action Coalition, meccanismo di coordinamento allo scopo di implementare una iniziativa globale strutturata su 5 anni per porre fine alla violenza di genere.
La violenza di genere è purtroppo ancora molto diffusa, e sicuramente la pandemia da Covid19, che ha costretto in casa milioni di persone in tutto il mondo, ha ulteriormente aggravato una situazione già di per sé preoccupante (secondo il rapporto di WeWorld Index 2020, la violenza domestica è cresciuta del 25%): ad oggi, secondo dati UN Women, 243 milioni di donne comprese tra i 15 e i 49 anni sono state soggette a violenza fisica e/o sessuale da parte di loro partner o persone a loro vicine negli ultimi 12 mesi. Oltretutto, molto spesso le violenze non vengono nemmeno riportate (ufficialmente siamo sotto il 40%), anche a causa di timori legati a possibili ripetizioni. In Italia, secondo dati ISTAT, tra marzo e giugno 2020 le chiamate al 1522, il numero verde per la violenza e lo stalking, hanno registrato un +73% rispetto al medesimo periodo dell’anno precedente. Persistendo il lockdown, ci si aspetta quindi che tali numeri continuino a salire, pregiudicando in modo serio le azioni svolte in questi anni per ridurre tali numeri.
Ma a che punto siamo per quanto riguarda il goal numero 5 (Parità di Genere) degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile?
Anche su questo fronte, la situazione è alquanto grigia, e alcuni numeri forniti del Consiglio Economico e Sociale delle Nazioni Unite ci ricordano quanta strada, ancora prima della pandemia, il mondo doveva fare per contrastare efficacemente la disuguaglianza di genere:
1 giovane donna (20 – 14 anni) su 5 ancora nel 2019 è stata sposata durante la sua infanzia; 200 milioni tra donne e bambine hanno subito mutilazione genitale (attività circoscritta a 31 paesi al mondo); la presenza di donne nei parlamenti nazionali è al 25% (meglio, ma non soddisfacente, in Europa, 37%).
La pandemia ha rallentato, se non fermato, i progressi raggiunti di recente e oggi aggiunge una limitazione di diritti fondamentali per donne e bambini nel mondo rispetto agli anni precedenti, oltre che rappresentare un forte impatto negativo sull’accesso all’istruzione generalizzato in tutti i Paesi. Proprio su questo punto non bisogna sottovalutare che, al di là del forte danno costituito dal blocco delle scuole e solo in parte attenuato dai sistemi di didattica a distanza (anche per discorso di sviluppo delle necessarie tecnologie non omogeneo nemmeno all’interno di Paesi sviluppati come l’Italia) il rischio di che tale blocco abbia impatto negativo più di lungo periodo è assolutamente presente (sempre il WeWorld 2020 Index stima che 11 milioni di ragazze potrebbero non tornare più a scuola dopo la pandemia).
A ciò si aggiunge il peso dei bambini e dei giovani tenuti a casa, il quale spesso ricade sulle madri, costrette in alcuni casi ad interrompere le loro attività lavorative. Gli effetti a lungo termine ancora non li conosciamo ma certamente, anche in questo caso, si interromperà un percorso che mirava alla parità di genere. Ad esempio, sempre prendendo l’Italia, prima della pandemia il tasso di occupazione femminile è passato dal 49,5% nel 2010 al 53,8% del 2019 (a fronte di una media europea del 68,2%, dati ASviS), mentre nel secondo trimestre 2020, il nostro Paese ha visto il primo segnale di questa decrescita registrando un -2,2% di occupazione femminile a fronte di un -1,6% di occupazione maschile.
È sempre un buon momento per agire per porre fine alla violenza contro le donne e per raggiungere finalmente la parità di genere, ma quest’anno è ancora più importante prestare attenzione a questi temi, farli propri e condividere iniziative per rimettere il mondo, velocemente, sulla strada giusta.