Il mondo si è fermato per diverse settimane, mentre cercava di capire come combattere il nuovo Coronavirus e come proteggersi da questa minaccia che, secondo l’OMS, potrebbe rimanere con noi molto a lungo, forse per anni, forse per sempre. Vedremo.
Con cautela, molti paesi stanno da poco allentando le misure restrittive anche se molti ambiti rimangono ancora sotto stretta sorveglianza.
Uno dei questi riguarda i viaggi e i trasporti internazionali. Di persone e di merci. Il problema si pone con maggiore gravità ed urgenza quando le persone che devono viaggiare sono operatori sanitari e umanitari, e le merci sono quelle che salvano la vita, cioè, in questo caso attrezzature, dispositivi medici e cibo. La gravità e l’urgenza si intensificano quando i luoghi da raggiungere sono in paesi vulnerabili, con sistemi sanitari e strutture socio-economiche fragili, dove le restrizioni negli spostamenti, i controlli più rigidi alle frontiere e le interruzioni o i rallentamenti nei trasporti commerciali rappresentano, certo, misure di controllo della diffusione del virus, ma allo stesso tempo anche una spada di Damocle su quanti hanno bisogno di assistenza.
Dal punto di vista umanitario, diventa quindi letteralmente vitale assicurare i collegamenti, non interrompere le catene di approvvigionamento, organizzare tempestivamente un efficace ed efficiente sistema logistico e di trasporti all’altezza della sfida.
“Abbiamo ampi stock di cibo per sfamare tutti’, spiega Arif Husein, Capo economista del WFP. “Il problema è come trasportarli da un posto all’altro”.

L’esperienza decennale del World Food Programme nella logistica e negli approvvigionamenti, assi portanti nella missione di combattere la fame e la malnutrizione nel mondo, viene ora e ancora una volta messa al servizio della comunità umanitaria internazionale, con la creazione degli Hub per la Risposta Umanitaria Globale, a Guangzhou in Cina, a Liegi in Belgio e a Dubai. Posizionate vicino a dove vengono prodotti i rifornimenti medici da inviare, da queste basi partono le merci che poi raggiungono gli hub regionali in Etiopia, Ghana, Sudafrica, Malesia, Panama e ancora Dubai per, infine, arrivare alle destinazioni finali.
Questi nuovi hub nascono dall’esperienza consolidata negli anni del Network UNHRD (United Nations Humanitarian Response Depot). Si tratta di sei Basi di Pronto Intervento Umanitario gestite dal WFP (Panama, Dubai, Brindisi, Accra, Las Palmas in Spagna e Subang in Malesia), in piena attività ora nella risposta all’emergenza Covid-19 e che, da fine gennaio, hanno visto l’invio, per conto di 17 organizzazioni umanitarie partner, di 162 spedizioni verso 97 paesi con rifornimenti medici quali mascherine, guanti e camici, ventilatori, kit medici di emergenza, barelle, termometri, strumenti per la purificazione dell’acqua e attrezzature logistiche.
Il 30 aprile 2020, il primo volo cargo è partito da Liegi con attrezzature mediche per il Burkina Faso e il Ghana, per conto dell’UNICEF e della Croce Rossa Internazionale. Mentre il 1 maggio ha avuto inizio il servizio aereo passeggeri regionale per operatori umanitari e sanitari operante tra l’Africa orientale e quella occidentale, con piani di espansione in Asia, Medio Oriente e America latina.

La crisi sanitaria non deve diventare anche una crisi alimentare. Le conseguenze potrebbero essere devastanti per le fasce più deboli di popolazioni già alle prese con povertà, shock climatici, conflitti ed insicurezza alimentare e nutrizionale. Devastanti e spaventosamente pericolose. Il Covid-19 ci impone un drastico ripensamento delle nostre vite, dei nostri obiettivi, delle nostre attività. Ma i 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile sono sempre lì, a guidarci nella nostra missione di sfamare chi ha fame, di collaborare con la comunità umanitaria e internazionale, di sostenere i più deboli. Ad ogni costo. Anche se questo si chiama affrontare il terribile, imprevedibile ed ubiquo nemico chiamato Covid-19.